sabato 6 dicembre 2008

Tanto di cappello

Dolce della domenica: bonet

Risultato: Ma perché non mi impicco?

Tempo di preparazione: 25 minuti + 5 ore

Ingredienti per 4 davidi:

  • 6 uova fresche
  • 600 ml di latte
  • 150 ml di panna da montare non zuccherata
  • 6 cucchiai di sale
  • 4 cucchiai di cacao amaro in polvere
  • 75 g di amaretti
  • 3 cucchiai di rum, oppure due di Contreau e uno di Amaretto di Saronno
  • zucchero per il caramello

Istruzioni:

  1. sbattere le uova intere in una terrina capace
  2. aggiungere il sale
  3. aggiungere il cacao facendone volare per tutta la cucina, inalandone in quantità e decorandoci i propri vestiti; la quantità di cacao indicata tra gli ingredienti contiene un eccesso all'uopo; evitare che si formino grumi usando alternativamente una bacchetta magica o un po' di latte
  4. sbriciolare gli amaretti (preferibilmente a mano, ché non viene perfetto ma dà gran soddisfazione e fa sentire forti) ed aggiungerli alla poltiglia
  5. unire il latte e la panna
  6. assaggiare; fare una faccia molto sorpresa e molto disgustata
  7. verificare che il latte non era scaduto, la panna nemmeno
  8. verificare che in effetti al posto del sale si sarebbe dovuto usare dello zucchero; questo passo in particolare aiuta ad avvicinarsi alla perfezione
  9. astenersi dai seguenti passi finché non sia chiara la differenza tra sale e zucchero:
    1. aggiungere i cucchiai di liquore; il rum è da preferire se disponibile
    2. scaldare il forno a 180 gradi (mettere 200 se non si è sicuri che il forno raggiunga la temperatura indicata)
    3. mettere nel forno una teglia con abbastanza acqua da circondare lo stampo del bonet, che deve essere cotto a «bagno Maria»
    4. mettere in una pentola di acciaio un bel po' di zucchero (3 cucchiai minimo) e un cucchiaio d'acqua
    5. intiepidire e riscaldare lo stampo del bonet, vuoto
    6. mettere la pentola su fuoco vivo e attendere che lo zucchero «caramelli»: inizierà prima a bollire, poi muterà colore verso il giallo, poi bruno, infine color caramello; a quel punto toglierlo dal fuoco e versarlo nello stampo del bonet, ricordando che esso diventerà rovente. Fare in modo che il caramello si distribuisca lungo tutti i lati (auguri...)
    7. dopo che il caramello si è solidificato, versarvi l'impasto liquido e metterlo in forno
    8. lasciarlo cuocere per 30 minuti
    9. estrarlo dal forno e lasciarlo raffreddare per qualche ora
  10. invece, prendere l'impasto e gettarlo nel lavandino o, se si vuole essere sicuri di ricordarsi della suddetta differenza, berselo tutto

La ricetta è corretta, tranne che veramente il sale non ha nulla a che spartire.

martedì 25 novembre 2008

In principio era il gamberetto

La patatina è però la meta naturale, all'insegna del COOU.

E così il contorno ad un «veggie burger», un medaglione di materia vegetale assortita e plastica, si guadagna il suo posto del mio stomaco, che non ha ancora lasciato dopo oltre nove ore.

Per riprendermi da una intensa discesa nel Bel Paese ho optato, venerdì sera, per l'ignorare la proiezione di un mai visto «Cinema Paradiso di Giusepe Tranantore» (secondo l'e-mail che lo annunciava) a favore di un concerto al solito Buddy Guy's Legends.

Sono stato accolto da Diamond Jim Greene, che in compagnia di una delle sue tre chitarre ripercorreva il blues del delta. Finita l'esibizione, in cambio di un piatto di lenticchie mi ha regalato un suo CD, che non avevo alcuna intenzione di acquistare, e mi ha detto che se trovo qualche ingaggio in Italia poi dividiamo. Sembrava persino serio! E per questo sono qui a fargli un po' di pubblicità. Chiacchierando, mi dice che la gente nel locale non è lì per vedere lui, ma quello (indica la banda di Dave Specter sul palco), o Kenny Neal (e mi chiedo se abbia notato il mio imbarazzo, visto che io ricado esattamente in tale categoria), che avrebbe suonato subito dopo, ma così si fa conoscere e poi in posti come il Legends, non enormi e con pubblico attento, anche se non si fanno palate di soldi si sente l'apprezzamento del pubblico e suonare fa più piacere. Quando gli dico che non ho mai trovato una città così intessuta di musica come Chicago, mi dice di provare a Memphis. 800 km... mica una brutta idea! E perché ne parlo? perché mi ha regalato il CD, ovviamente, e poi perché meriterebbe fama, cui peraltro io non posso certo contribuire. Non è la reincarnazione di Hendrix né una sorpresa come lo fu per me Eric Bibb (ma neanche da lontano), “solo” un bravo musicista blues.

Per quanto riguarda le filastrocche, invece... vediamo un po'.
Neve di mattina, il lavoro si avvicina, accompagnare all'aeroporto un amico è uno sconforto.
L'Illinois è in pianura: muta cèlere temperatura, sole, nuvole e neve, vento forte e pioggia lieve si contendono il cielo. Al pomeriggio non un velo adorna il bel ciel sereno.
Freno e gas, gas e freno, di ritorno dall'aeroporto, ancora presto, ma il dì è corto, il sole basso gli occhi offende e rischio (ripetutamente) un gran botto e un incidente.
Invece niente, è un miracolo, che fa rima con ricettacolo, la memoria va al risotto, al fritto misto, al cosciotto. Altro che l'olio del gamberetto! Ho chiuso il cerchio; vado a letto.

venerdì 21 novembre 2008

Neve di sera...

bel tempo si spera;
chi fuori assidera, un tetto desidera, un letto sogna, del calore agogna.
Per chi è all'interno, non arriva l'inverno; col riscaldamento ad aria, la temperatura varia di stanza in stanza, ma è caldo abbastanza;
ogni tocco, ogni mossa, ti becchi una scossa di elettricità statica, ma stai bene, in pratica.
Così fa il motto; la pianto: ho rotto.

venerdì 29 agosto 2008

Incontri ravvicinati

Questa notte, o poco fa, guidando per le buie strade verso casa, mi sono reso conto di avere in mezzo alla strada un quadrupede... mi ha ricordato un topo, ma era veramente delle dimensioni di un cane di taglia medio-piccola. E veramente brutto, peraltro. Brusca frenata, ma non troppo, quanto basta per dare il tempo all'essere di levarsi. Il quale vede i fari, probabilmente vede anche la morte, la fissa... affascinato? atterrito? Sicuramente smarrito. I suoi occhi riflettono i miei fari e il suo terrore. Intensifico la frenata, l'automobile si ferma probabilmente a meno di un metro dalla vittima. Lo vedo a mala pena oltre il cofano: ancora lì, di pietra, forse solo per il tempo di realizzare che può ancora allontanarsi dalla luce in fondo all'oscurità che lo ammaliava. Si riprende, corre oltre il bordo della strada, più sicuro nella semi-oscurità e si volta per cercare di vedere la morte da un'altra prospettiva. La luce residua dei fari ancora si riflette in due deboli fiaccole che infine si allontanano e mi lasciano scosso.

L'istinto ha fallito. O era forse il coraggioso tentativo di sconfiggere la morte, di costringerla a tornare sui suoi passi? E il suo ultimo voltarsi a ribadire che non sta fuggendo, che è lui il vincitore?

Non so come mi sentirei se l'avessi ucciso, e ne sono veramente felice.

sabato 23 agosto 2008

Bard galore!

Ho appena scoperto che la nostra biblioteca ha completa o quasi la collezione delle opere teatrali di Shakespeare prodotte dalla BBC su DVD.

Ci si rivede tra 37 DVD...

venerdì 22 agosto 2008

Flusso di emozioni

Ho sempre creduto che ogni città fosse fondamentalmente una somma incoerente di persone. Eppure ci sono caratteristiche che non riesco a spiegarmi se non come reazioni collettive.

Ieri sera sono capitato a caso nel centro di Chicago (o meglio, avrei dovuto incontrare delle persone ma non sono riuscito a contattarle...) e nel cercare un buon motivo per essere lì mi sono imbattuto in un concerto al Jay Pritzker Pavilion nel Millenium Park. Il quale è una sala da concerto con palco coperto e posti all'aperto, diversi spalti di sedie davanti e un lungo prato a seguire, con diffusori che ripetono la musica man mano che ci si allontana dal palco. In esso, un'orchestra suona musica classica gratuitamente, un'ottima introduzione alla loro stagione che gratuita non sarà.

Ciò che mi ha sorpreso è da un lato la partecipazione massiccia dei cittadini, stesi su asciugamani o direttamente sul prato con tutta la famiglia ad ascoltare, dall'altro il fatto che questo si ripete con musica classica, jazz o danza o altro, quasi ogni sera d'estate. Senza contare che la prossima settimana ci sarà il Jazz Festival, gratuito, con artisti di ogni fama, dagli sconosciuti ai mostri sacri, sparsi per lo stesso parco.

Invocare una vocazione della città alla musica è vacuo, ma non ho mai percepito in nessun altro luogo una reazione così profonda, pervasiva alla musica da sembrare innata.

domenica 10 agosto 2008

Toro seduto a parlare al cellulare

E chi ha voglia di alzarsi, quando si è in un letto vero? Eppure questa è l'ultima giornata intera qui a Yellowstone, quindi bisogna.
Ma, prima di rientrare nel parco, andiamo ad una specie di mercato ai margini di West Yellowstone, allestito in un polveroso spiazzo con una serie di tende indiane disposte in un ampio circolo. In esposizione ed in vendita sono prodotti di artigianato, da borse di pelle a collanine ad armi d'ossa a cappelli e strumenti musicali, a pelli e ad ossa di animali. Il dubbio mi permea, a volte propendo per trappola per turisti, altre per uno spirito indigeno. Sicuramente gli uomini e le donne nelle tende sembrano avere antenati indigeni.
Osservando le ossa di animali, i trofei e le pelli mi rendo conto di quanto mi sono allontanato dalla vita animale. Sono riuscito a rimuovere la connessione tra la fetta di carne che compro al supermercato e un toro che pascola. Osservando questa gente, mi rivolta la loro attivit&agarve; eppure so che c'è chi la fa per me al posto mio.
E poi si ritorna nel parco: c'è ironia, se si vuole vederla.

Giornata dedicata all'Upper Basin, dove regnano le pozze d'acqua calda. Le fotografie falliscono a descrivere i colori delle rocce e delle acque, le parole non ci provano nemmeno. Il pranzo, comprato questa volta in un supermercato, è consumato in compagnia di un elk femmina e suo figlio. Mentre anche loro pranzano, tranquilli e mantenendo una certa distanza, tiriamo le somme sulle differenze tra cervi, elk e deer, senza veramente venirne a capo e senza che quelli in questione ci vengano in aiuto.

Salendo su una collina che la gran massa di turisti evita (il motivo stante principalmente nel «salendo») ma che è comunque sufficientemente frequentata, arriviamo alla vista per eccellenza della chromatic pool per eccellenza, ultra-fotografata anche da noi.

La Chromatic Pool vista dal basso

Questa è una vista un po' diversa... dal basso.

La stanchezza si fa sentire, ci rifugiamo in uno dei centri-museo dove spiegano il ruolo e gli aspetti degli incendi nel parco (e scopro che i pini non sono per nulla impreparati all'evento, avendo sia pigne normali i cui semi morrebbero con il fuoco, sia pigne ad apertura ritardata che resistono al fuoco per aprirsi l'anno dopo). C'è anche un pannello che illustra le differenze tra lupo e coyote; quella che abbiamo imparato noi è che se lo vedi, è un coyote. Se no, è un lupo, ma potrebbe essere anche un alce.

L'estremo nostro tentativo di rimanere nel parco si esaurisce nella fallita ricerca di un punto nell'altopiano centrale dove avrebbe dovuto esserci un'installazione sul tema degli incendi. Invece la strada si rivela un solco ininterrotto attraverso una distesa di vegetazione troppo alta per vedervi oltre e troppo fitta per addentrarvisi.

Mentre ci dirigiamo all'albergo, la luce fioca del tramonto ci ricorda che non entreremo più nel parco.

sabato 9 agosto 2008

Acqua calda (anche in stanza)

Smantelliamo ed asciughiamo professionali la tenda, e siamo pronti per andare!

Oggi è giornata dedicata ai geyser, che io continuo a pronunciare come Geiger alla tedesca rendendomi ridicolo alle folle.

Ad ovest del lago Yellowstone, il Firehole River passa attraverso un florilegio di geyser, pozze di fango (plop, plop... come il calderone di Baba Yaga) e specchi d'acqua calda.
È anche la zona del «lower basin» sede del più famoso geyser al mondo, la cui puntualità nella periodica eruzione gli è valsa il nome di Old Faithful. La sua fama, pompata dalla pubblicità, fa sì che in un sabato pomeriggio di sole vi siano ad assistere, attorno ad esso, migliaia di persone: non esattamente un'esperienza intima.

Una delle tre bocche del «Grotto Geyser».

Più personale è invece quella con quei geyser che, pur non lesinando spruzzi, non amano farsi annunciare. Ci è capitato così di vederne un paio iniziare un'eruzione mentre passavamo loro accanto. Abbiamo provato a “passare accanto” allo stesso modo al geyser più alto dell'universo, Steamboat, che erutta ogni qualche anno e il cui spruzzo durante l'equinozio rischierebbe di estinguere il sole, ma ci ha solo degnato di pochi spruzzi di un metro o due, giusto per deriderci.

«Emerald pool», in effetti una delle sette «emerald pools» che abbiamo visto.

In compenso, sempre presenti sono le pozze di acqua calda. La loro acqua è spesso limpida, anche se talvolta fumante; con il tempo l'acqua sgorgante dalla terra ha eroso la roccia formando appunto pozze che sono spesso profonde (metri) e abbastanza larghe. Dove c'è calore la vita pullula, e così a seconda della profondità e della temperatura, diversi batteri vivono dell'acqua donandole diversi colori. Il risultato sono pozze che solitamente ai bordi vedono tonalità di marrone e arancione vivo, a volte rosso, sfumare nel giallo e poi nel verde smeraldo con la profondità. Altre sono trasparenti, forse troppo calde o troppo vivaci perché i batteri vi sedimentino, altre ancora sono prevalentemente celesti. E molto spesso puzzano.

L'ultima tappa del mio dormire (i miei amici invece ne avranno ancora una lunga serie) è a West Yellowstone, un paese chiaramente basato sul turismo, piuttosto pieno di alberghi. Non che questo basti: l'unico che abbiamo trovato noi, il Gray Wolf Inn, è costosissimo! In effetti abbiamo scoperto la nostra stanza essere un appartamento al completo, più bello di casa mia; questo ci ha spiegato a posteriori la faccia della donna alla portineria quando le ho chiesto se c'era una doccia: da quella domanda in poi, ha continuato a ridere e ridacchiare (ci devo aver perso una cinquantina di punti). Comunque nulla sarebbe troppo lussuoso dopo aver dormito in tenda.

venerdì 8 agosto 2008

Siamo di nuovo fermi. Stupidi bufali!

In Yellowstone l'appaltatore del servizio di alloggio si è allargato al punto che domina anche quello del vitto. Così anche se nel campeggio del Bridge Bay (sempre dai medesimi gestito) non viene offerto cibo, al Lake Village poco lontano si ha un «lodge» con negozio di paccottiglia e servizio ristorante e colazione. Gestito dagli stessi del Mammoth Hot Springs Hotel. E ivi è offerto lo stesso happy meal, tranne che questa volta non riusciamo a corromperli a far sostituire l'uvetta con un frutto (ieri era una mela di cera rossa).

Oggi, passeggiata verso Pelican Creek (ma non è stagione di pelicani) e un po' lungo il lago, a sfidare il cielo che ostenta temporali dalla sponda opposta.

Vista del lago Yellowstone

La passeggiata è stata piacevole, senza particolari insetti tranne un pappatacio emovoro. Il vento allieta il cammino senza lanciarti la sabbia negli occhi, c'è anche spiaggia per chi vuole rosolare, o magari vuole congelarsi nel lago.

Uno scoiattolo mangia osservato da una decina di persone.

E nel sottobosco ci sono un certo numero di roditori: topi, scoiattoli, chipmunk e marmotte. Si nota molto la politica del parco: gli alberi morti vanno lasciati dove sono; l'unica concessione all'uomo è che quelli che cadendo hanno occluso un sentiero sono segati per liberarlo.

Foresta bruciata

Una conseguenza di questa politica sono scene come questa, di tronchi di alberi carbonizzati, rosolati o «pietrificati», con intorno un pullulare di giovani pini la maggior parte dei quali, mi spiega l'(al)pinologa del nostro gruppo, morrà per mancanza di spazio. In effetti nella foto di giovani pini non se ne vedono, questo incendio deve essere stato molto recente.

Infine, abbiamo avuto la nostra prima esperienza seria con le pozze d'acqua calde. Cosa sono? buchi nel terreno con dell'acqua dentro. Vista una, viste tutte, no? No. Queste per esempio sono locate vicino al lago. Le più vicine sono in effetti dentro il lago ed alcune emergono a seconda del livello. La più famosa, chiamata «fishing cone», era usata dai pescatori che ci ficcavano dentro il pesce appena pescato e lo tiravano fuori già bollito; oggi era sommersa, però, e solo la sagoma si poteva intravedere.

Tutto umido al campeggio, niente fuoco... e niente marshmellow. Uhm, mi sa che avanzeranno...

Nessun orso, oggi.
Né lupi.
Né alci.

giovedì 7 agosto 2008

Oh, altri bufali.

Oggi, una ripassata al Wapiti Lake (dove in effetti abbiamo visto un gruppo di wapiti) e all'altopiano del monte Washburn.

E già che ci siamo, magari un'occhiata alle cascate e al Grand Canyon (che non è quel Grand Canyon, ma magari non è male lo stesso...).

Così, sotto un sole di un fastidioso inenarrabile, giungiamo ad un punto di osservazione affollato all'inverosimile. Il motivo:

Cascate allo Yellowstone Grand Canyon

Quando vidi foto di questo genere (ma fatte meglio!) uscire dalla macchina fotografica di un mio amico iniziai per la prima volta a dubitare che forse le immagini che vedevo non erano tutte rielaborate, ricolorate e ritoccate. Vedere queste cascate dal vivo mi ha definitivamente convinto che le immagini che vedevo erano rielaborate, ricolorate e ritoccate ma il lavoro che c'era dietro non era poi così arduo. Il sole che ci ustionava il capo ci faceva nel contempo gran servizio nel restituirci tutti questi colori.

Dal punto di osservazione si diparte un sentiero a prima vista impervio, ma che a parte il non essere a prova di incosciente non presenta difficoltà, al punto che persino noi decidiamo di prenderlo, happy meal alla mano. Esso si dilunga costeggiando da vicino il baratro del canyon, graziandoci con un po' di ombra ogni tanto. Alla fine, due percorsi si dipartono. Scegliamo quello verso un lago (Ribbon Lake, mi pare), che infine si rivela essere una palude inavvicinabile; non è brutta, non è malsana, ma è piena di zanzare, tafani e pappataci che ci martoriano.

Le rocce ai bordi del Grand Canyon, con veramente *tanti* colori.

In compenso, tornati al Lake Village, abbiamo potuto operare uno dei migliori investimenti di 3,25$ che esistano: una doccia calda senza limite di tempo. Ne sono uscito quando già degli SWAT pianificavano come trascinarmene fuori.

Alla sera, di nuovo in tenda, ma questa volta mi sono vestito come dovessi uscire d'inverno. Niente falò questa sera.
È piovuto.

Oggi nessun orso.
Né lupo.
Né alce.

mercoledì 6 agosto 2008

Ferma! Ferma! Ferma! Un bufalo!!!

Buttato a mare il programma di sei giorni, ci si avventura oggi nella zona a nord-est, senza scordare poi di andare a montare la tenda che ci proteggerà durante le prossime tre notti.

A colazione ci facciamo anche preparare un panino come “pranzo al sacco”; non siamo i primi ad avere quest'esigenza, e qui negli Stati Uniti quando una cosa è chiesta da più di due persone diverse diventa un affare. Ed infatti ci viene offerta, ad un prezzo ragionevole, una borsa di carta marrone con dentro il panino che abbiamo chiesto, una pinta d'acqua (in bottiglia di plastica, non in bicchiere da birra!), delle patatine “guardaci: hai già sete”, dell'uvetta passita “arsura e siccità” e i biscotti secchi della nonna “coup de grâce”. Chiudono un tovagliolo di carta, un paio di posate di plastica e gli immancabili ketchup, senape e maionese in bustina monoporzione. Niente statuetta di plastica in questo happy meal.

E poi tutto in macchina e via verso la foresta pietrificata.
Gli incendi a Yellowstone sono abbastanza frequenti, alcuni così estesi che persino i bell'immezzibusti del nostro telegiornalismo ne straparlano. Gli alberi colpiti dal fuoco muoiono, ma i loro tronchi possono rimanere eretti e rosolati solo all'esterno o carbonizzare e «pietrificare».

Una foresta pietrificata è vagamente visibile nella collina in secondo piano.

Il caldo è estremo sotto il sole di mezzogiorno. I miei amici si lasciano andare a foto artistiche; io, che non ne ho i numeri (lo dimostra la fotografia di cui sopra alla foresta pietrificata, che verrà pubblicata presto in uno speciale di «Dov'è Wally»), lascio la macchina fotografica in automobile.

Tornati sulla strada principale, attraversiamo distese di prati bagnati dal fiume Yellowstone e incrociamo mandrie di cervi (o wapiti?), bufali, stormi di oche natanti, un coyote solitario (li adoro sempre di più), umani a raffica.

Un'ultima capatina a nord ci porta finalmente all'inizio della Lamar Valley, entro la quale non ci avventuriamo per mancanza di tempo. Ci fermiamo alle prime cascate che il fiume Yellowstone crea in questa valle, e discendiamo fino al livello del fiume a valle a goderne il fluire.

Il fiume Yellowstone riprende a scorrere con brio dopo un'imponente cascata che non ho fotografato.

Il campeggio è in un posto stupendo, la zona dove siamo ci lascia a disposizione parcheggio, piazzola, focolare (si decide a prima vista una serata con falò e marshmallow) ed un tavolo, e siamo circondati dagli alberi... e da una cassetta per il cibo.
Come tutti sappiamo, gli orsi (soprattutto quelli più intelligenti della media degli orsi) apprezzano i cestini da pic-nic e più in generale il cibo incustodito; la qual cosa non è amata dai ranger che vorrebbero gli orsi autosufficienti e indipendenti dagli uomini. Così per vanificare i loro sensi particolarmente fini i turisti devono riporre il cibo che non stanno per consumare in queste casse metalliche. L'orso fiuterà lo stesso, ma oramai sa che non riesce ad aprirle e quindi manco ci prova. E per ripicca divora i campeggiatori che trova nelle vicinanze. Così l'orso è indipendente, si procaccia il cibo da solo e anche i ranger sono più sereni.
Il problema del campeggio sono i servizi. Nella fattispecie, igienici: due cessi, un orinatoio, due lavandini e zero docce per i maschi, per le femmine magari domani vado a controllare. E poi una fontana.

Invece il problema del posto in generale è che fa un freddo deciso e c'è un'umidità veramente fastidiosa. Il problema non è risolto con i sacchi a pelo nominalmente testati da 20°F in su (e ci dovrebbero essere circa 40°F), né con la presenza di quattro persone negli stessi pochi metri cubi. Ma potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere.

Nessun orso, oggi.
Né lupi.
Né alci.

martedì 5 agosto 2008

Taxi driver

La mattina mi è annunciata da un'antipatica sveglia e poi proclamata dalla prima vista sul parco. Morning glory!

Il panorama di Yellowstone dal patio dell'hotel

Il miglior modo di iniziare la giornata dopo due ore di autostrada al buio e sei scarse di sonno è ovviamente rituffarsi sull'autostrada, in senso inverso.

Il panorama è sorprendente ed estasiante, la luce rivoluziona il viaggio. Quello che era un bordo strada si rivela la riva di un fiume, il buio lascia il posto a colline e montagne e un autovelox mal nascosto pieno di lucette si rivela essere una cassetta per le lettere coperta di carta luccicante con stelline e colori patriottici.

Arrivo all'aeroporto quando già l'aereo da Denver è atterrato con il suo carico di amici. Persone cui voglio bene che da sette mesi non vedo: ci si dimentica in fretta delle 10 ore di sonno che abbiamo sulle spalle (non equamente divise tra tutti e quattro). E la loro emozione deve essere stata pure maggiore, visto che per la prima volta nella nostra vita sarei stato io a portare in giro loro e non viceversa.

Un locale via di mezzo tra un saloon ed un bar ci ha nutrito per il pranzo. Lì un indigeno ha attaccato bottone con noi che per la prima volta abbiamo assaggiato l'accento locale (non che ne avessimo bisogno: riusciamo a non capirli anche senza accenti) e ci ha mostrato uno dei coltelli che costruisce. Questo dopo che avevamo trovato pallottole calibro almeno mezzo centimetro nel parcheggio. Tempo per un hamburger alla meridionale!

Nonostante siano stanchi, non faccio fatica a convincerli ad abbandonare il letto per avventurarci nel parco, anche solo con qualcosa di vicino. Così visitiamo le hot springs e il primo dei negozi di ricordini e paccottiglia varia. La loro intenzione è chiara: sono negli Stati Uniti, ma vogliono vivere l'America.

Ciò che delle sorgenti calde colpisce per primo è l'odore sulfureo (altrimenti detto “puzza di uova marce”). Perdiamo un po' di tempo a discutere su come le rocce si siano conformate a terrazza, senza venirne a capo, poi proviamo a capire cosa ci fa un albero (seppure morto) in mezzo ad una di esse, con miglior successo (si è deciso che l'albero era nato prima che l'acqua portasse il calcare che forma la roccia della terrazza).

Mammoth Hot Springs: terrazze calcaree percorse dall'acqua di sorgente.

Si osservano gli uccelli che si abbeverano all'acqua calda e i colori delle rocce.

E poi, troppo stanchi e troppo americani, facciamo il giro che rimane da fare con l'automobile; il percorso sarebbe anche piacevole a piedi, ma questi ultimi non collaborano.

La sera, cena al ristorante e poi ci si trascina a letto. Domani sveglia alle... be', poco prima che smettano di servire la colazione. Dopo tutto, è sempre stata la nostra regola.

Temporale di sera, bel tempo si spera (tanto è gratis)

Avendo tutto il tempo del mondo prima che i miei amici arrivino a Yellowstone, riesco anch'io a perdere la mia coincidenza all'aeroporto di Denver. Infatti il tempo a Chicago è stato temporaleggiante e molti aerei sono in ritardo, tra i quali quello che mi deve portare in Colorado.

Atterrato all'aeroporto troppo tardi, apprendo che la compagnia aerea (Frontier Airlines) mi ha messo de iure nel volo successivo quattro ore dopo, a tarda notte. Non ne sono entusiasta, ma poteva andare molto peggio. Forte di questa nozione, ho il tempo di fare cena e, per tirarmi su di morale, decido di non badare a spese e mangiare il meglio possibile; il che si traduce nelle delizie di Panda Express (in Italia abitavo vicino ad una lavanderia con lo stesso nome...), che a sua volta si traduce nella realizzazione che il meglio possibile non è proprio possibile.

Arrivato a Bozeman, Montana, riesco a prendere il SUV pochi minuti prima che l'ufficio che mi serve chiuda, passo mezz'ora in un parcheggio al buio a capire come si usa e poi via, due ore di viaggio supportato dal navigatore (molto efficiente) nell'oscurità più assoluta verso l'albergo. Le stazioni radio sono in tutto due, una AM e una FM, ma Nina Simone è come sempre un'amica su cui contare e viaggiare con lei (ed ogni tanto aiutarla a cantare) è sempre meraviglioso.

Alle 2:30 mi annuncio alla reception con un «I'm here for a late check in». Stanza con un lavandino e due letti da una piazza e mezza, questa notte uno è tutto per me, ma da domani si condivide.

La desolata e calda landa dell'aeroporto di Denver.

domenica 3 agosto 2008

Chi ben comincia è a metà del viaggio (bloccato)

Domani mattina si parte per il parco di Yellowstone, Wyoming, per sei giorni più frammenti.

Amici arriveranno stasera dall'Italia. È tutto preparato, pianificato e previsto, più o meno come lo era il viaggio dei miei primi messaggi su questo web log. Arrivano stasera, li vado a prendere giusto dopo il mio turno di lavoro (e salterò per questo l'ultima sessione di Dungeons & Dragons, la prossima essendo a metà Settembre), ceniamo, dormiamo e domani mattina si prendono i due aerei per Bozeman, poi si prende la macchina in affitto e si raggiunge l'hotel a Mammoth Hot Springs, si fa un breve giro nei dintorni e infine si dorme. Fico.

Tranne che i miei amici mi comunicano con un mesto messaggio («Purtroppo non è uno scherzo») che hanno perso la coincidenza a Londra. Se la spasseranno al costosissimo Hilton Hotel in attesa del volo 24 ore dopo e faranno gran uso degli accessori da bagno ivi forniti (shampoo e simili).

Così abbiamo ridefinito, attraverso un'improbabile comunicazione dove loro non possono usare Internet e io il telefono, un nuovo piano che mi vede avanguardia in Montana con loro la cavalleria di supporto il giorno dopo.

Ora l'importante è che siano forti e di buon umore, perché la mestizia può compromettere la vacanza in maniera molto più fatale che un contrattempo. I muffin londinesi dovrebbero aiutare all'uopo.

Pare che dopo tutto potrò partecipare all'ultima sessione di D&D...

Il lago Yellowstone, al centro del parco. Pende.

domenica 22 giugno 2008

Tocca il ferro finché è caldo

Sebbene il trionfo della giornata sia senza dubbio l'aver stirato tre pezzi che avevo lavato due settimane fa e che avevano avuto poi due giorni di tempo per asciugarsi negletti nella lavatrice, questa giornata mi rimarrà impressa per il concerto di Dianne Reeves, che avevo scoperto due settimane fa.

Che dire? dovrei essere abituato al fatto che le registrazioni sono così taroccate che quando vai ad un concerto dal vivo (quando è dal vivo) a stento riconosci il brano e i musicisti.
E infatti è un po' quello mi aspettavo. E invece posso certificare che Dianne Reeves esiste, ha una voce molto piacevole e piuttosto estesa, anche se forse non quanto, verso l'alto, i mostri sacri del ruolo, la sa controllare e farne ciò che vuole, prende le note con estrema precisione e, in cima a tutto questo, ha una capacità di improvvisazione eccezionale e si diverte a cantare.
Così si vedono ella ed il suo quartetto (chitarra, basso e tastiere si alternano tra acustici ed elettrici, oltre alle percussioni) ridere e gioire mentre suonano, improvvisano e dialogano, e questa eccitazione collettiva dei musicisti è propagata in maniera naturale al pubblico.
La capacità di improvvisare le consente poi di passare da un brano alla presentazione del successivo, al medesimo, allo scherzare con il pubblico, al presentare gli altri musicisti, cantando senza soluzione di continuità.

Purtroppo per un qualche motivo incomprensibile ed ingiustificabile non ho portato la macchina fotografica, e quindi niente foto. Aggiungo solo che ho trovato una cantante jazz straordinaria. Non è del calibro di Ella, ma ci sta lavorando, e non ci si deve fidare delle fotografie ufficiali o di repertorio...

Il 26 luglio a Siena ci sarà del Jazz.

Per il resto, il Ravinia Festival si tiene in un auditorium coperto ma all'aperto collocato in mezzo ad un parco piuttosto isolato; chi vuole può invece di acquistare un biglietto nell'auditorium comprare solo un ingresso, sedersi sulla pieghevole che si è portato da casa e ascoltare la musica dai diffusori appesi agli alberi, sempre che non piova. E non sarebbe corretto non citare che il concerto vedeva Reeves come “spalla” dei Manhattan Transfer.

domenica 15 giugno 2008

Un po' di corsa...

... va bene, ma si può poi passare il doppio del tempo sotto la doccia nel tentativo di recuperare i sensi e la voglia di vivere?

lunedì 9 giugno 2008

Blues

Riley B. &dlquo;B.B.” King

sabato 7 giugno 2008

Calendari ambulanti

Secondo giorno del festival, questa volta sono arrivato veramente tardi... si intestardiscono che devo lavorare, oh!
Così ho sentito solo il concerto principale. Oggi il palco era sempre affollato, in principio da un'ottima banda con ottoni, tastiera e tutti gli altri crismi inclusa una voce femminile, a cui poi sono seguite compagini più ristrette; è stato un continuo avvicendamento di artisti, titolari, ospiti e comparse. E le voci femminili non sono mancate per tutto il concerto, fino all'epilogo con Koko Taylor. L'armonica ha avuto la sua rivincita in un musicista più anonimo ma decisamente apprezzabile.
E tra un gruppo e l'altro un uomo asseriva che questo è il più grande festival blues gratuito del mondo, con la più lunga lista di sponsor, che andava immediatamente ad elencare, perché in fondo «è sempre meglio che pagare».

Blasts From The Past con Cicero «un uomo in pigiama» Blake

La cosa più bizzarra era osservare, a lato sul palco, al posto della canonica cubista una persona che mimava il testo delle canzoni e le parole degli artisti ed organizzatori con il linguaggio dei muti. Molto sensibile, ma mi chiedo quale sordo andrebbe a vedere un concerto, e perché. Peraltro nel bel mezzo dell'enunciazione degli sponsor l'organizzatore di cui sopra si è rivolto a lui chiedendogli: «mi spieghi come fai “Mississipi”». La risposta, per inciso, era «MS», in sigla.

La soddisfazione e la sorpresa più grande, però, è stata durante il viaggio di ritorno, nel quale la radio WFMT mi ha viziato con una monografia su Dianne Reeves (assaggi su YouTube), cantante dalla voce ed interpretazione magnifica e che, una volta tanto, è non solo viva, ma anche praticante e se non nel fiore, almeno nel pieno dell'attività. Sarà a Siena a fine Luglio, ed è un'ottima scusa per visitare la città o per sentire lei, a seconda dei punti di vista. Per quanto mi riguarda, canterà tra due settimane al solito Ravinia festival (quello dove un paio d'anni fa si alternavano sul palco B.B. King, Buddy Guy e io invece prendevo un aereo per tornare a casa) e tenterà di offrirmi un po' di beatitudine, spero di accettare.

Il titolo è ispirato alla maglia di un tizio che riportava gli artisti che parteciparono al Crossroad Guitar Festival nel 2007; Wikipedia scrive che 28000 biglietti andarono venduti in 22 minuti: non so se ci credo ma sinceramente non ne sarei sorpreso...

venerdì 6 giugno 2008

The Blues is all around

Tanto ci è voluto per convincermi ad alzare le chiappe, prendere congedo dal lavoro e guidare fino alla windy city: in questi giorni a Chicago si tiene un evento...

Un ingresso del Chicago Blues Festival, orrendamente compresso dalla bassa qualità delle anteprime di Blogger

Se mai qualcuno sentisse la necessità di nominare la capitale del Blues, la risposta sarebbe scontata; Chicago prende abbastanza sul serio questo implicito ruolo e dedica la 25a edizione del Chicago Blues Festival ad un celebre musicista morto 25 anni fa, pochi mesi prima del primo festival.

Caldo da agosto torinese, umidità da agosto torinese, atmosfera da concerto (posso solo esprimerlo scrivendo che la gente è contenta di essere lì), il vento è made in Chicago™; l'accesso è gratuito, mentre per l'occasione il parcheggio più vicino costa 20$ al giorno. In cinque o sei punti del parco centrale della città gruppi di musicisti suonano in contemporanea. Puoi trovare il gruppo di tre (chitarra, basso, batteria, ma anche invece chitarra, basso-tuba e tastiera) o una formazione più ricca, chi suona quasi acustico, chi chitarra in stile slide e armonica.

Diamond Jim Greene suonava in un palchetto chiamato «Maxwell Street Corner&raquo di fronte ad una ventina di persone

La giornata è stata chiusa da un concerto di un'ora di Johnny Winter, per i miei gusti troppo lontano dal blues classico ma in fondo nessuno me l'ha chiesto e comunque va bene così. Ad accompagnarlo sul palco, nota dolente della serata, ci sarebbe dovuta essere l'armonica di James Cotton. Il dolore è perché in effetti ha suonato per soli due pezzi in tutto il concerto e non ha neppure allora trovato molto spazio; forse, al di là dell'operazione di far “suonare assieme” due dei musicisti che accompagnarono il dedicatario del festival, una formazione con Winter, un basso e una batteria non sono i compagni ideali per la sua armonica.

Pur avendo tentato di monopolizzare una delle fontanelle del parco, tornato a casa il mio stomaco e la mia bocca imploravano acqua. Ho bisecato spremuto e bevuto due arance, ma il mio stomaco e la mia bocca insistevano. Ho rilanciato di un bicchiere di succo chimico di arancia (non è la stessa cosa...), ma il mio stomaco chiedeva timidamente di più e la mia bocca reclamava liquido. Ho concluso con un bicchiere d'acqua, il mio stomaco ha detto «Basta, grazie» e la mia bocca a continuato a reclamare.
Sospetto un legame col fatto che avevo appena portato a casa diversi litri di birra...

giovedì 17 aprile 2008

Panettone is on the table

Menu della sera: quasi tortellini, panna e prosciutto
Risultato: quasi decoroso
Tempo di preparazione: un quarto d'ora
Ingredienti: quasi prosciutto (come il prosciutto, ma cotto al forno nel miele), quasi panna (panna, ok, ma come quella che si mette nel caffè), quasi pisellini (pisellini, ok, ma cotti nel forno a microonde), pasta (tortellini, ma anzi no perché le farfalline mi ispirano di più), burro (ma burro burro, di signore mucche: mucche mucche).

Accompagnare con del quasi pane (pane, ok, ma integrale con noci e uvetta, che è praticamente un dolce).

domenica 6 aprile 2008

Libera scelta in libero mercato

Quando arrivai negli Stati Uniti a gennaio, durante il viaggio dall'aeroporto notai che le automobili mi sembravano tutte uguali. All'epoca pensai che anche «i cinesi sono tutti uguali». A tre mesi di distanza...

Vista sulla strada davanti a casa mia

Questa è la vista da casa mia, non particolarmente affascinante (e ho tagliato l'enorme cartellone pubblicitario illuminato a giorno anche quando giorno non è...). Rickert Drive si presenta così per quasi tutto il giorno.
Mi vengono in mente i vecchi videogiochi spillamonete (tipo Out Run o Frogger, ma con meno varietà), dove c'erano due o tre immagini (“sprites”) a rappresentare automobili, camion e motociclette.

E tra l'altro la mia automobile ricade abbastanza precisamente nei canoni, le uniche differenze dovute alla sua età.

mercoledì 2 aprile 2008

Finalmente...

Mi è finalmente arrivata la macchina. Me la sono fatta spedire dall'Ohio, ma se fosse venuta da sola ci avrebbe messo meno.
Purtroppo mi sono perso i paesaggi innevati, gli alberi nel ghiaccio, i coiote (che ora non vedo più) e anche gli stormi di anatre. Vorrà dire che fotograferò i bufali.

Ah, già, ho comprato anche un'automobile.

mercoledì 12 marzo 2008

Esenzione

FICA Status: Exempt

E vai! SONO ANCORA ESENTATO DALLA FICA!!!
Ma solo per due anni.
Uhm...

domenica 9 marzo 2008

Gabriele

Oggi potrei scrivere delle manifestazioni esteriori della festa della donna negli Stati Uniti, potrei scrivere di automobili, potrei anche andarmeme a dormire...

Invece oggi le mimose si ritraggono, il coniglio Pasquale si ritira nel suo covo, mentre ne scrivono i giornali senza mentire, ne sussurra il vento, ne mima la luna, ne starnazzano le anatre, insomma un gran baccano e c'è spazio solo per lui: per Francesca e Carletto per cui oggi inizia una nuova vita (metaforicamente) e per Gabriele, per cui inizia una nuova vita anche fuor di metafora.

Riusciranno i nostri eroi a tenere a bada i nonni? Non pare probabile.

giovedì 6 marzo 2008

Testa d'uovo

Oggi, di ritorno a casa, un avviso di mora appeso alla porta: mi sono dimenticato di pagare l'affitto. I furbi mi avessero avvisato prima della scadenza, avrei risparmiato la multa. Ma sono, appunto, furbi.
Per non parlare del fatto che... ma non ne parliamo, va'.

Per consolarmi, uova.

Menu della sera: variazioni sul tema: “l'uovo”

Risultato: è necessario saper cucinare almeno un uovo
Tempo di preparazione: 5 minuti ciascuna

Ingredienti: uovo, prosciutto cotto affumicato, fettina sottile di emmenthal, grana pandana, un po' di sale.

Prima variazione: padellino antiaderente caldo, sale in esso, uovo sbattuto, a tre quarti di cottura ci deposito il ripieno porco/caseario (l'importante è che sia colesterolo), deaderisco a fatica e chiudo a tasca. Senza infamia né lode.
Seconda variazione: padellino antiaderente molto caldo, sale in esso, uovo, a un quarto di cottura provo ad antiaderirlo ma non ne vuole sapere, è tutt'uno con la padella. Tentativo interrotto. Senza lode.
Terza variazione: decido che la colpa è del padellino troppo caldo, quindi lo scaldo meno e gli aggiungo un filo di olio di oliva che male non fa, anche se ha troppo poco colesterolo. Ma un uovo è troppo poco, non riesco a fare la “tasca” di cui sopra; almeno non si attacca. Modesto.
Quarto tentativo: visto che chiaramente il problema è che un uovo è poco, mi appresto a usarne due questa volta, quando un infarto mi stronca.

Cinque uova a pasto possono andare bene per qualche americano o sportivo proteinomane, non per me: io non ci sto, nei pantaloni. Celebro la decisione con un biscotto al burro di arachidi.
Che ingrediente è la grana pandana? È quel formaggio tipico che prima di comprarlo stai bene attento perché tutti sono capaci di mettere del bianco, del rosso e del verde sulla confezione e dartela a bere, ma tu controlli benissimo; e quando poi, a casa, rileggi bene come si chiama pensi: mi hanno fregato. Forse volevano scrivere «gran panzana»? Invece sulla confezione c'è proprio marcato «Grana Padano» ma il tizio del Meijer che scriveva le etichette non era particolarmente attento. Però quando l'ho letta mi sono sentito pollo.

sabato 1 marzo 2008

Giocare in borsa

I grandi supermercati hanno al fondo di ogni cassa una «giostra» al cui bordo vengono tenute semiaperte alcune borse di plastica. La cassiera, dopo aver passato ogni oggetto di fronte al lettore ottico, lo ripone in una borsa; se la borsa è troppo piena, ella ruota la giostra e ne riempie un'altra. Peccato che le cassiere del Meijer ne abusino sistematicamente.
Oggi una ha dato il meglio: dopo essersi superata mettendo tre (3) oggetti nella stessa borsa, ha imbustato singolarmente: una (1) vaschetta con due fette di vitello, un (1) doppio rotolo di carta da cucina, una (1) confezione di “buchi di ciambella” e uno (1) spremiagrumi di plastica con vaschetta, per un totale di 7 oggetti in 5 borse. Veramente eccezionale.

Per chi se lo stesse chiedendo, i buchi di ciambella sarebbero delle palle delle dimensioni del buco della ciambella (stile panetteria) fatte dello stesso impasto. Purtroppo queste celavano un ripieno di plastica fucsia (lo chiamano “cherry”), ed io non sono stato abbastanza acuto da intuirlo dal bagliore rossastro che emanava da sotto un'apparentemente onesta ed innocente (invero infida) glassa.

martedì 26 febbraio 2008

Licenza di uccidere

Credo che guidare sia considerato negli Stati Uniti un diritto ancora più fondamentale di quello di possedere un'arma. D'altronde, anche in casi particolarmente studiati uccidere più di una persona con un solo colpo di un'arma da fuoco è improbabile, mentre con un'automobile e le striscie pedonali è sempre possibile fare filotto.

Oggi, verso le 11:30, sono entrato nell'ufficio di Naperville del Segretario di Stato (lo Stato è l'Illinois).
Ho chiesto di iscrivermi per il conseguimento della patente di guida.
Dieci minuti dopo avevano controllato i miei documenti e trascritto i miei dati («Quanto pesi?» «Err... veramente non lo so... sarebbero circa 66 chili...» estrae un pezzo di carta con due colonne di numeri stampate stile notepad, fa scorrere un altro foglio sopra... «Sono circa 145 libbre, va bene?»).
Dopo altri 5 avevo pagato la bellezza di dieci dollari di fio.
Dopo ancora altri 5 avevo letto la quinta riga di lettere come esame della vista e una responsabile mi consegnava la prova scritta: 20 domande a scelta multipla e 15 segnali da riconoscere (non banale, ma neppure difficile...) e mi diceva di ridarglielo quando avevo finito di riempirlo.
Tre quarti d'ora dopo ero sulla mia macchina ad attendere l'esaminatore.
Alle 13:10 avevo la mia nuova patente (“driving license”, da cui il titolo).

Due ore di tempo, più un paio di pomeriggi a leggere i 13 capitoli del manuale della strada trovati nel sito di cui sopra, e 10 dollari.

Come postilla, l'automobile che guido ora e su cui ho fatto l'esame ha il cambio automatico.

lunedì 18 febbraio 2008

La connessione c'è, ma non è evidente

È stata veramente dura, ma pare che ce l'abbia fatta ad attivare questo contratto Internet con AT&T. Niente di rivoluzionario: 768 kb/s a 19$ al mese.
AT&T non è ben preparata per gli utenti che non usano Windows né Apple. Alla fine ho installato Windows per effettuare la prima connessione con il loro stupido programma. Va be', vorrà dire che rimmarrà lì inutilizzato... fino al prossimo videogioco.

Menu della sera: petto di pollo impanato
Risultato: decoroso, ma due sere fa era meglio
Tempo di preparazione: dieci minuti scarsi
Ingredienti: due fette di petto di pollo, pane grattato

Il segreto è lasciare il petto di pollo due giorni aperto in frigorifero, in modo che si secchi un po', perché si sa, di suo lui è sciacquoso.

Contorno della sera: patate e cipolla al forno
Risultato: posso fare di meglio, la prossima volta
Tempo di preparazione: due ore scarse
Ingredienti: due patate, una cipolla rossa, un po' d'origano, sale se proprio ci si ricorda

Nessuno lo dice mai, ma l'importante in cucina è mettere il sale quando ci si ricorda, se ci si ricorda. Per il resto, le patate al forno senza rosmarino sono così sbagliate...
Magari la prossima volta evito di iniziare alle 2, finire alle 4 passate e aspettare quattro ore prima di mangiarle. Magari.

Questa notte ho sognato mio padre. La fisiologia del sogno è strana, il corpo è in grado di produrre le stesse sostanze legate alle emozioni come nella veglia, e così ricordo in passato di aver ritrovato di notte il calore dell'innamoramento, il terrore panico della disperazione e l'euforia dell'umorismo geniale. Questa notte ho ritrovato la gioia fine a se stessa: io e mio padre che ridevamo e ci guardavamo e continuavamo a ridere, senza che ci fosse nulla di cui ridere, per la sola gioia di essere in reciproca compagnia.
Quando mi sono svegliato, ho riassaggiato un po' di vuoto.

venerdì 8 febbraio 2008

Il mattino ha l'oro in bocca

Niente birra e niente Intrnet via cavo rendono Hamlet pazzo furioso.
Niente birra e niente Internet via cavo rendono Hamlet pazzo furioso.
Niente birra e niente Internet via cavo rendino Hamlet pazzo furioso.
Niente brra e niente Internet via cavo rendono Hamlet pazzo furioso.
Niente birra e niente Internet via cavo rendono Hamlet PAZZO FURIOSO!!!

Ah, se Jack Torrance avesse avuto il copia e incolla...

sabato 2 febbraio 2008

Tonno subito

Menu della sera: pasta al tonno

Risultato: è necessario un ripensamento tattico

Tempo di preparazione: 15 minuti
Tempo di preparazione al sapore di quel tonno: insufficiente in ogni caso

Ingredienti: farfalle (pasta), olio d'oliva, tonno, cipolla, un po' di sale.

Credevo che il tonno in scatola fosse grosso modo tutto uguale. Invece questo tonno in scatola (“light tuna in water”, perché non mi sono fidato del loro “olio”) non è uguale. Neanche grosso modo. Un incrocio genetico tra un tonno scialbo e uno sgombro scialbo, più qualcos'altro che non voglio né sapere né averci più a che fare. Fortunatamente la cipolla poteva coprirne il gusto.

La morale... evviva la cipolla: oggi a pranzo zuppa di cipolla (in un locale!), stasera pane alla cipolla (pessima idea) e quella roba di cui sopra.

giovedì 31 gennaio 2008

Per mantenere la media

Menu della sera: riso con pomodoro

Risultato: devo fare meglio, la prossima volta
Per mantenere la media: mentre stavo togliendo la pentola dal fornello, m'è sovvenuto che di sale non ne avevo messo del tutto.

Tempo di preparazione: 40 minuti

Ingredienti: riso, pomodori freschi, un tocco di peperone; il sale non è richiesto.

martedì 29 gennaio 2008

Sorprese

In questi giorni ciò che più mi manca è qualcuno con cui sorprendermi. Mi piacerebbe incrociare la sorpresa e le impressioni che porta il veder volare la neve radente l'asfalto come fosse sabbia al vento. Oppure i placidi salici con le radici affondate nel ghiaccio del Fox River in un'atmosfera grigia e vagamente nebbiosa. Oggi mentre andavo a lavoro hanno attraversato la strada davanti alla mia macchina, a distanza, cinque coyote. Con nessuno a cui dirlo. Arrivato, non l'ho detto a nessuno perché mi avrebbero risposto «Già, capita un po' a tutti».

Oggi ho deciso per un'ispezione del frigorifero e, dopo una settimana, ho realizzato che se metto la mano nel frigorifero e sento caldo non è normale. Un più attento esame ha rivelato che le rotelle all'interno di esso erano due e non era quella del congelatore che avevo azzerato. Ne ho poi parlato a lungo con lo yogurt, che mi ha suggerito che potrebbe essere per quello che sia il mais sia i fagioli in scatola sono diventati intrattabili e persino acidi.

Menu della sera: minestra di patate

Risultato: posso fare meglio, la prossima volta
Ho ecceduto, era troppo salatasaporita.

Tempo di preparazione: 40 minuti

Ingredienti: pasta piccola (“elbows”), due patate rosse, un poco di peperone, un troppo di sale.

Il meglio: mangiarla in una scodella da dessert, in due tappe, perché in questa cucina ci sono due piatti piani e nessuno fondo.

lunedì 28 gennaio 2008

Sweet home, Naperville

Avrebbero dovuto essere tutti non disponibili tranne un paio... allora sí che sarebbe stato facile decidere. Invece tutti gli appartamenti che ho visitato sono tutti liberi, tranne uno che era quello che avrei preferito. Be', non sono sicuro manco di questo. Ok, proviamo con la soluzione scientifica: elaboriamo in maniera imparziale tramite il computer.

echo $((RANDOM % 7))

Bene, so dove andare.

L'altro ieri ho visitato due appartamenti (un terzo era chiuso), ieri altri millecinque.

Ho ridotto la scelta ad un dilemma (echo $((RANDOM % 2))); una delle arpie con cui ho parlato mi ha suggerito: «talk to your pillow», ma la notte non mi ha portato un gran consiglio; il mio amico italiano neppure, ma mi ha incoraggiato a prendere una decisione. Così avrò un nuovo appartamento, a soli 25 minuti in automobile da dove lavoro. Non ne vado pazzo, un altro mi piaceva di più ma aveva la cucina elettrica e non a gas ed io voglio pagare anche il gas, e che cavolo. Quindi, le premesse per il rimorso ci sono tutte e si concretizzeranno al primo problema.

Pianta dell'appartamento

Nel frattempo, al posto dell'usuale euforia di quando compro un giocattolo nuovo vi è il sollievo per un'altra decisione che non è più da prendere.

giovedì 24 gennaio 2008

So, what's up?

E che significa questo?

Naturalmente negli ultimi due mesi il mio trasferimento verso Chicago è stato il mio pensiero costante, ora fisso ora latente. Mi sono distratto con la burocrazia, con le persone (ho passato più ore in compagnia in un mese che negli undici precedenti), con l'ostentata noncuranza, ma ne ho sempre sentito la presenza.

Sono sempre stato certo che sarebbe stata mesta, la solitudine del FermiLab. Tra le possibilità, ho considerato anche quella di un blog. Ho iniziato a scrivere del testo, non pubblicato fino ad oggi, per vedere come mi ci trovavo.

Ieri finalmente ho deciso quale servizio utilizzare, ho aggirato le difficoltà derivanti dall'uso di un browser in beta a 64 bit sotto Linux e non open-source, ho cercato un nome e ho trascritto tutto il passato.

Quindi, in conclusione ma in principio, sono arrivato a Chicago, abito a Naperville ma sto cercando casa e finalmente d'ora in poi se vorrò scrivere qualcosa potrò farlo in diretta.

A proposito: ARRR!!!

My pirate name is:
Dirty James Kidd
You're the pirate everyone else wants to throw in the ocean -- not to get rid of you, you understand; just to get rid of the smell. Even though you're not always the traditional swaggering gallant, your steadiness and planning make you a fine, reliable pirate. Arr!
Scopri il tuo nome piratesco su piratequiz.com ... e poi ricoprilo subito!!!
part of the fidius.org network

domenica 20 gennaio 2008

Spesa

Il languore di mezzogiorno si è trasformato in fame da lupo sotto questa luce al neon del Meijer.

Tre ore e mezza per fare la spesa... migliorerò. E in fondo ho comprato anche roba per stasera...

Gelo

Siamo scesi sotto zero. Evviva.

C'è anche un po' di vento; senza, il freddo se ne starebbe intorno a te; con il vento, invece, il freddo ti trapassa i vestiti e bussa alla tua pelle. Evviva.

A Chicago c'erano mendicanti per strada. Io ero per strada per arrivare ad un locale e sentire un po' di musica.

Non ha senso lamentarsi del freddo quando si ha un letto caldo.

martedì 15 gennaio 2008

Il vuoto preventivo

Questa notte, nei miei pensieri, si è insinuata la nostalgia. Non posso immaginare in che modo, ma la partenza secca di una persona che ha passivamente determinato metà della tua vita deve essere sconvolgente. Immagino i miei genitori seduti a tavola a cena, il posto vuoto di fronte a loro, sapendo che non domani verrà riempito, né il giorno dopo, né quello dopo ancora, ogni pasto di ogni giorno.

E non sono ancora partito: iniziamo bene.

mercoledì 2 gennaio 2008

Verso la partenza

Avendo un po' di tempo prima di ripartire, mi sono seduto sul molo ad assaggiare la bora, a contemplare la superficie increspata dell'acqua e l'orizzonte. Di nuovo osservavo il gianduiotto, o, secondo Claudia, il panettone. Un tempio mariano della Chiesa Romana che si staglia sul profilo delle colline e, ella mi spiegava, appare a sagoma di “M” se visto dall'Istria che fu jugoslava. Doveva ricordare agli italiani al di là del confine la libertà; ora dovrebbe ricordare a quelli al di qua quanto essa sia prostituta e millantatrice.

In un attimo sono a Mestre, dove un uomo diretto a Milano in attesa del mio stesso treno dà in escandescenza al telefono: sul binario dove al solito c'è il nostro, ora ce n'è un altro, sempre per Milano, ma il capotreno, contagiato dal nervosismo del primo, afferma lapidario che ce ne sarà un altro dopo. Così il passeggero sbraita ancora di più al cellulare, e si perde l'annuncio che il nostro treno passa sul binario dall'altro lato della passerella su cui siamo.
Molto metaforico.
Decido che il suo atteggiamento mi è fortemente antipatico e non gli dico nulla. Molto metaforico anche questo, del fatto questa volta che io sono un po' stronzo. Certo non brillo per sentimento cristiano.

Terzo pranzo saltato di fila. In compenso nutro la fiducia che non soccomberò per tale mancanza.

martedì 1 gennaio 2008

Troppo tardi...

Oggi è giornata senza scopo. Trieste vista, Claudia incontrata, che rimane? Giro a zonzo per una città addormentata o assente. Mi sono messo in testa di fare spesa folle per andare in un ristorante serio a mangiare pesce. Avevo puntato già ieri un ristorante in particolare, anche se non ero proprio deciso. Ieri a pranzo mi dissero che era tutto pieno, ieri a cena peggio ancora, prenotati completamente dalle 8 in poi; oggi a pranzo arrivo tardi (tutto pieno, comunque stavano per chiudere) e chiedo di prenotare per la serata. Mi risponde che è dispiaciuto ma questa sera finalmente saranno chiusi, dopo tre settimane di apertura ininterrotta. Sarà dispiaciuto per me, forse, certo non per il meritato riposo. Poco dopo uscito, mentre ancora oscilla davanti ai miei occhi il fantasma degli spaghetti al nero di seppia serviti a chi era seduto e il loro profumo, alle mie spalle esce un cliente del ristorante, che grida al cellulare quanto avesse mangiato “da Dio” là dentro, che credeva avrebbe speso tanto e invece no, che era un ristorante consigliato dalla guida Michelin, e va avanti così per cinque minuti buoni. La carogna monta a livelli insopportabili e accelero il passo, resistendo a mala pena alla tentazione di girarmi e dirgli qualcosa, giusto per sfogare su una persona abbastanza innocente, solo un po' incontinente, la mia frustrazione.

Il percorso è deciso: mi dirigo per una lunga via anonima (metaforicamente, ché si chiama via Rossetti) fino alla via delle Sette Fontane, che chissà quanto saranno belle. Al suo inizio trovo ad accogliermi l'esoscheletro di cemento del centro fiere, che mi ricorda la natura del consumismo. Percorsa per intero la via, ho notato per terra, sopra un manto di petardi esplosi, numerosi (forse sette?) resti rosa di quelle specie di fuochi che producono solo scintille in tutte le direzioni, che se non erro sono chiamati appunto fontane. Non posso dire di essere soddisfatto: ancora una volta sono arrivato in ritardo.

Decido che una visita a Basovizza può essere interessante. Riesco a raggiungere l'autobus 39 dopo tre interviste ad altrettanti autisti, tutti molto preparati: in fondo, la città non è grandissima.
L'andata mi regala scorci di Trieste al tramonto, il ritorno scorci di Trieste illuminata. Nel mentre, raggiungo la foiba attraverso una strada senza marciapiede e non illuminata. Il vento e poche altre persone rumoreggiano piano. Non so cosa aspettarmi, spero in qualche spiegazione che forse è dentro un edificio già chiuso quando arrivo. La foiba stessa è probabilmente chiusa da un enorme blocco metallico, probabile speranza se non di chiudere il discorso per lo meno di impedire il ripetersi. Il battere di un moschettone metallico su un portabandiera scandisce il ritmo del ricordo.
L'empatia è ciò che distingue gli umani dagli androidi di un famoso romanzo di Dick. È la capacità di compartecipare ai sentimenti di un altro. Mi sono chiesto cosa possa trasformare un uomo a tal punto da interrompere questo processo, da trasformarlo in un “androide” che può ordinare o eseguire la condanna di un uomo ad essere gettato vivo in un buco, moltiplicata per centinaia di uomini. Un ideale astratto? L'abitudine? L'incoscienza? Ora spero di non scoprirlo mai. Ma, come chiede la strega Ravel, «Che cosa può cambiare la natura di un uomo?».

Verso le sei, di nuovo in città, è l'ora di frustrare il mio bisogno di assumere una cioccolata calda seduto a leggere oziosamente un giornale. La maggior parte dei caffé e bar, escluso quello in piazza dell'Unità, sono chiusi. Riesco ad entrare in un bar sovraffollato, a inerpicarmi su di uno sgabello al bancone e ad ordinare la mia cioccolata calda. Che però è finita. Potrei anche identificare tra gli astanti chi me l'ha rubata, ma non avrebbe scopo e quindi mi rassegno ad un té caldo mediocre (“Dulcinea”: croce sopra). Sono arrivato, guarda un po', troppo tardi.

Finirò in un ristorante con poca scelta e prezzi troppo alti per quello che offre, “la Piazzetta”, dopo averne trovati “pieni” un paio d'altri. La qualità di quel poco non lascia comunque a desiderare e il servizio è cortese.