Magari sono io che mi faccio sorprendere facilmente, ma...
Non ricordo foglie di basilico grandi come la mia mano in Italia. E peraltro tale basilico ha anche profumo.
Un po' diario personale, un po' diario di viaggio, un po' scusa per non guardare la TV.
Magari sono io che mi faccio sorprendere facilmente, ma...
Non ricordo foglie di basilico grandi come la mia mano in Italia. E peraltro tale basilico ha anche profumo.
Io: «Vorrei 4 once di mortadella Parmacotto...»
Commesso: «Quant'è in libbre?»
Che d'accordo che quello consuetudinario statunitense è un sistema folle (pari a quello imperiale britannico), ma già che non vogliono passare al decimale, che almeno si studino il loro!
(sì, Angelo Caputo ha anche la mortadella, e il prosciutto e la panna da cucina, che sia benedetto!)
Dolce della domenica: crostata di frutta
Risultato: Mica male!
Tempo di preparazione: 3 ore per inettitudine
Ingredienti:
Istruzioni:
Non provo nemmeno a scrivere ricetta ed istruzioni per la pasta frolla e la crema pasticciera, basti notare che se ne vanno sei uova e quasi due etti di zucchero. Alla faccia del dolce fresco dell'estate. Ma dev'essere leggero, c'è la frutta!
Il trucco dei legumi è per tenere la pasta delicatamente premuta sul fondo; ma i legumi saranno utilizzabili solo più per altre crostate.
È venuta abbastanza bene da valermi complimenti (non italiani, però! da persona che si lamentava — e come darle tortao — delle torte statunitensi), ma è stata fatica tale che potrebbe rimanere esempio unico.
Anche interessante notare che le ricette suggeriscono di guarnire con frutta varia, più tipi ce ne sono meglio è — e dopo una settimana ho ancora dei lamponi da finire.
Non si pretenda che un giorno passi senza un temporale, ma oggi l'obolo è stato pagato nella mattinata, e il pomeriggio è solo umido per il Chicago Blues Festival 2010.
Pochi giorni fa i Blackhawks, squadra di hockey su ghiaccio di Chicago, han vinto il campionato nazionale e la Stanley Cup; la città è costellata di tifosi in festa e le finestre dei grattacieli compongono scritte di celebrazione («Go Hawks»). E, tutto sommato, la quantità di gente presente nel parco e sull'autostrada è anomala, al punto che il ritorno verso la provincia a mezzanotte, ora nella quale v'è solitamente il deserto, è durato due ore invece che 40 minuti, complici gli onnipresenti lavori estivi di pavimentazione.
Sorvolerò sulla mostra dell'Art Institute dedicata ad un periodo del lavoro di Matisse dominato dalla ricerca ma di cui non ho capito la conclusione.
Oggi è il primo giorno del festival, e l'unico a cui parteciperò, dedicato quest'anno al centenario della nascita di C. A. “Howlin' Wolf” Burnett, uno dei pilastri del blues degli anni `50 a Chicago.
E a proposito di Howlin' Wolf, di Muddy Waters, di Sonny Boy Williamson e di Little Walter, sul palco del Petrillo Music Shell è salito per un po' meno di un'ora James Cotton, che ha suonato con il primo, con il secondo, ispirato dal terzo e al posto del quarto. L'operazione alla gola gli rende difficile persino salutare il pubblico (le poche parole che ha provato a dire sono rimaste per me rantoli incomprensibili), quindi entra sul palco accompagnato dall'altra sua voce.
Com'è giusto che sia.
Non provo a descrivere la sua prestazione, tranne asserire che è stata ciò che uno si aspetterebbe da un James Cotton. Dopo il concerto siamo stati diretti alla «presentazione di un libro», in un locale a nord di Chicago dove un gruppo suonava musica inclassificabile (almeno per le mie capacità) con un'intensità sonora, per non parlare del volume, opprimente benché significativa. Seguiti da un cantante agitato su di una base e batteria, che ci ha fatti fuggire verso la coda in autostrada.
Ma non mi ha dato fastidio, perché avevo il Cotton nelle orecchie.
E anche considerare nuove prospettive.
Un dottorando dallo Sri Lanka che mi dice che il 25 dicembre non è particolarmente speciale per lui, che senso ha festeggiare essendo soli? Ma passerà “due o tre ore” a parlare a sua moglie, ancora a Ceylon.
O una che torna dai suoi parenti a Taipei perché qui è periodo di vacanza, passerà l'istante festivo in aereo e se la Nippon Airlines ha calcolato bene la rotta risparmieranno lo Champagne saltando da un fuso orario all'altro, dalle 23:30 direttamente alle 0:30, e a mezz'ora dall'evento chi se lo ricorda più?
E comunque il capodanno cinese cade da qualche parte tra gennaio e febbraio, e infine neanche va matta per i cibi tipici dell'occasione.
Io con amici italiani, capitato nell'unico posto che siamo (= sono) riusciti a trovare disponibile il giorno prima, un ristorante il cui nome «Italiasia» promette eclettismo; posto sinceramente mesto, al 15º piano dello stesso Holiday Inn che mi ospitò per la prima volta a Chicago quando ancora non speravo che l'avrei mai rivista.
In un edificio di pianta quadrata di 50 metri di lato, l'albergo occupa dal 15º al 23º piano; un'agora che si estende per almeno 30 metri e 7 piani fa dimenticare di essere a 40 metri dal livello della strada superiore (in quella zone Chicago è un po' strana e ha strade che si sviluppano sopra altre strade). La vista sarebbe piuttosto bella, ma non ci sono finestre visibili dal ristorante. E così, seduti alle 21 circa, mezz'ora per ordinare, guadagnamo l'antipasto circa quaranta minuti dopo, l'insalata dopo altrettanti e per le 23:40 ci viene servito il piatto principale; così si brinda tutti con acqua (e per una volta non mi sento reietto) in un attimo di pausa quando qualcun altro grida un conto alla rovescia. Estremamente anticlimatico, ma non me ne calse mai né poco né punto, e intimo, perché gli altri avventori sembravano quasi spaventati all'idea di far rumore.
E, altre prospettive, dialogo surreale di un trio alticcio che ci si avvicina a fine cena chiedendoci se possiamo fare loro una foto; con la nostra macchina fotografica; e per noi stessi, visto che a loro non interessa veramente averne una copia. Interrogato, il più sobrio del trio ci dice che viene dall'Ohio e che è la terza volta che lo fa... immaginiamo intenda il terzo capodanno in un giorno, e l'aspetto esausto anche se festoso avalla quell'interpretazione e cancella nel contempo da noi ogni possibile traccia di invidia.
Nuovo anno: sento la mia voce imitare quella dei miei amici in auguri a cui il mio cervello si rifiuta di attribuire alcun significato; perché sì, sarei contento se fossero felici, ma così oggi come ieri e due mesi fa. Ma se manifestazione mi è richiesta, adempio, se è necessario sorseggiare vino per celebrare, inghiottisco, se c'è da pronunciare augurii, eseguo.
Quindi: buona camicia a tutti.