sabato 12 giugno 2010

Cotton in my ears

Non si pretenda che un giorno passi senza un temporale, ma oggi l'obolo è stato pagato nella mattinata, e il pomeriggio è solo umido per il Chicago Blues Festival 2010.

Pochi giorni fa i Blackhawks, squadra di hockey su ghiaccio di Chicago, han vinto il campionato nazionale e la Stanley Cup; la città è costellata di tifosi in festa e le finestre dei grattacieli compongono scritte di celebrazione («Go Hawks»). E, tutto sommato, la quantità di gente presente nel parco e sull'autostrada è anomala, al punto che il ritorno verso la provincia a mezzanotte, ora nella quale v'è solitamente il deserto, è durato due ore invece che 40 minuti, complici gli onnipresenti lavori estivi di pavimentazione.

Sorvolerò sulla mostra dell'Art Institute dedicata ad un periodo del lavoro di Matisse dominato dalla ricerca ma di cui non ho capito la conclusione.

Oggi è il primo giorno del festival, e l'unico a cui parteciperò, dedicato quest'anno al centenario della nascita di C. A. “Howlin' Wolf” Burnett, uno dei pilastri del blues degli anni `50 a Chicago.

«Mount Bluesmore» al Buddy Guy Legends, immagine da Today's Chicago Blues

E a proposito di Howlin' Wolf, di Muddy Waters, di Sonny Boy Williamson e di Little Walter, sul palco del Petrillo Music Shell è salito per un po' meno di un'ora James Cotton, che ha suonato con il primo, con il secondo, ispirato dal terzo e al posto del quarto. L'operazione alla gola gli rende difficile persino salutare il pubblico (le poche parole che ha provato a dire sono rimaste per me rantoli incomprensibili), quindi entra sul palco accompagnato dall'altra sua voce.

Com'è giusto che sia.

James Cotton Blues Band, in prima fila un cantante di cui mi sfugge il nome, James Cotton e Matt “Guitar” Murphy.

Non provo a descrivere la sua prestazione, tranne asserire che è stata ciò che uno si aspetterebbe da un James Cotton. Dopo il concerto siamo stati diretti alla «presentazione di un libro», in un locale a nord di Chicago dove un gruppo suonava musica inclassificabile (almeno per le mie capacità) con un'intensità sonora, per non parlare del volume, opprimente benché significativa. Seguiti da un cantante agitato su di una base e batteria, che ci ha fatti fuggire verso la coda in autostrada.

Ma non mi ha dato fastidio, perché avevo il Cotton nelle orecchie.