lunedì 12 gennaio 2009

Idyota

A Wakkanai, nell'estremo nord del Giappone, in questo momento sono le quattro del pomeriggio, ci sono circa 5 gradi sotto zero e nevica leggermente.

Che è più o meno ciò che accadeva anche qui alla stessa ora. Ma i giapponesi conoscono un segreto che sono restii a rivelare.

Se loro si trovano con la loro Toyota parcheggiata all'aperto e circondata dalla neve, loro sanno come accendere la macchina, uscirne e, mentre si scalda, pulirne i vetri e sgomberare la strada.
Sono piccoli, gialli, gentili e con gli occhi a mandorla. E forse per questo vengono stereotipati e sottovalutati. Io, per esempio, pensavo nella mia sufficienza che se lo fanno loro, lo posso fare anch'io. Quindi apro la macchina, metto in moto, aria condizionata a palla per deumidificare e riscaldare, scendo, richiudo la portiera e inizio a spal... *clock*.

Clock??? Già, proprio clock: la chiusura centralizzata scatta. Penso che sia uno scherzo, mi pare di vedere le chiavi all'interno sogghignare divertite. Forse mi era già capitato una volta, non è grave, no? Un attimo dopo si erano riaperte. E non era neanche in moto. Provo le altre portiere. Bene, mi fa piacere che la chiusura centralizzata funzioni bene. Le chiavi all'interno della macchina non sembrano più curarsi di me, prese dallo spazio che hanno appena conquistato si trastullano nella musica della vittoria. Inizio a preoccuparmi. Noto e realizzo che a loro fianco, le chiavi di casa condividono il trono. Continuo a preoccuparmi. Ma non è niente... si sbloccherà. Intanto spaliamo.

Le chiavi non hanno gratitudine. In un attimo di lucidità in mezzo alla depressione ed allo sconforto che mi invadono, penso che almeno ne ho solo un paio che mi possano fare quegli scherzi: fortunatamente l'unica volta in un anno che ho provato a duplicarle, il mastro delle chiavi non aveva la forma giusta. Ma questo mi lascia con il problema della ribellione di quelle che già ho. Non ho chiuso la porta di casa (strano, della chiave di quella ho dato una copia ad amici e i proprietari della casa ne hanno almeno una terza; e nessuna di esse mi ha mai dato problemi). Il motore va. Il serbatoio della benzina è bello pieno. Be', oramai quasi pieno. È domenica. Siamo giovani, belli e abbiamo un presidente che è pure abbronzato. Considero seriamente quale vetro rompere per entrare. Il lunotto? no, ha le righine, chissà quanto costa il righello curvo per ridisegnarle. Il vetro del conducente? Magari quest'estate. Il parabrezza? avanti il prossimo!!! Lo stecchetto più piccolo è pescato da quello destro dei due piccoli vetri triangolari delle portiere posteriori, che non si può abbassare, lui. Come romperlo? con un blocco di ghiaccio? Devo protegermi la mano, in qualche modo, per non tagliarmi. In questo delirio una voce finora inascoltata e oramai roca mi dice che questa è la cazzata più grossa che abbia pensato in quest'anno. Dammi tempo, le rispondo. Va bene, rompi, dice lei, ma prima chiama i tuoi amici che magari hanno un'alternativa.

«Quando mi hai telefonato avevi una voce che ho pensato: qui è successo qualcosa di serio. Poi, quando mi hai risposto che non andava proprio bene...» (Maura, un'amica che aveva più volte consigliato di farsi delle copie delle chiavi)

«And while I was coming home from the afternoon mass, I saw a young man which in turn stood still, jumped or ran around a car, always shouting some rant like “cuts on” or the like. I slowly stepped away trying to stay unnoticed.» (a passer by, from the police record)

I quali mi fanno ritornare in me, mi dicono che una volta la polizia apriva le automobili della gente ma poi hanno smesso (mi chiedo perché, visto che nessuno poteva arrestarli), mi dicono di chiamare un locksmith e che anche se di domenica sarà un po' caro si può fare. Metto via il grimaldello.

Chiamo la polizia, perché tentar non nuoce. Arriva un uomo che mi fa firmare un Non-sono-stato-io™ preventivo ed estrae il penultimo ritrovato della tecnologia: un listello metallico flessibile largo un paio di centimetri e lungo mezzo metro, che ficca con perizia tra vetro e portiera tentando di far scattare la serratura. Basisco e m'inchino, ma la chiave all'interno organizza una contromossa e, con la complicità della chiusura centralizzata, blocca con un contro-ordine l'apertura delle portiere ogni qualvolta il poliziotto riesce ad innescarla. Alla fine è il tutore dell'ordine ad arrendersi ed è costretto a chiamare rinforzi. Dopo tre quarti d'ora arriva un collega con l'ultimo ritrovato della tecnologia: un tondino di metallo duro, diametro mezzo centimetro e lungo quasi un metro e due cunei di plastica gialla. Allarga la fessura della portiera con i cunei per infine violentarla con l'altro strumento e in pochi secondi raggiunge l'interruttore e lo fa scattare. L'incubo è finito, i buoni trionfano e la musica dell'autoradio ora suona per me; il poliziotto mi dice che è contento di essermi stato utile, che è il suo ultimo giorno prima della pensione e che gli spiace che abbia dovuto aspettare tanto, ma che non a tutti è dato in dotazione quello strumento. Vorrei rispondergli che è giusto non mettere nelle mani di chiunque una tecnologia così evoluta, ma mi trattengo.

Qualche minuto dopo, in casa, un tuono e un bagliore mi fanno stranamente pensare al mio eroe, che ora dormirà del sonno dei giusti.

Alla fine sono riuscito a raggiungere Chicago, a giocare per ore a Carcassonne e poi ad osservare per mezz'ora Mr. Guy firmare autografi a tre metri da me finché la folla è scemata e sono riusciuto finalmente ad acquistare un biglietto per uno dei suoi concerti di Gennaio. Anche se, come spesso accade, è la radio durante il ritorno a casa a procurarmi la musica del giorno. Convinto di conoscerne il pezzo che stanno trasmettendo, decido di aspettarne la fine per sentire la voce dell'annunciatore sciogliere il mistero. Arrivo a casa che sta finendo il secondo movimento. Suona come sinfonia, ma non è Beethoven, non è Brahms (anche se me lo ricorda...), ed io solo le loro sinfonie conosco, tranne misere eccezioni. Ad ogni modo, se è sinfonia ha quattro movimenti, se è concerto ne ha tre, siamo al secondo, male che vada ora che arrivo a casa è appena iniziato il terzo. Infatti spengo la macchina, entro in casa, accendo il PC (diffondono anche tramite Internet) e sento... un pezzo completamente diverso per pianoforte. Lo scorno si trasforma in trionfo quando realizzo che non può che essere stata l'ottava sinfonia di Schubert: l'“incompiuta”. Le vertigini delle sue ascensioni mi accompagneranno all'oblio di questa notte.

In queste tarde ore, mi sovviene un particolare... ma forse è la mia immaginazione a suggerirmi che sul manico del tondino di ferro del poliziotto fosse impressa una Questo è un marchio registrato. Il suo uso in questo blog, secondo Wikipedia, potrebbe essere illegale. .

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ok, ora ho riso q.b.
Mi hai ricordato un essere mio parente che ha vissuto analoga esperienza, ma senza il poliziotto.
Lui ha chiamato un amico, che era proprio tale (fesso diranno i più; io sono +) perché si fece dare le chiavi di riserva da mammà e si scofanò 300km (x 2) per portargliele.

PS: non ci sono più gli amici di una volta....

Anonimo ha detto...

Sei sempre fantastico!

Saluti dallo sciur

Anonimo ha detto...

Gianluuuu! Non posso commentare, perchè ho scaricato il post e leggere con calma, come con gli altri. Saluta Chicagoooo.