venerdì 29 agosto 2008

Incontri ravvicinati

Questa notte, o poco fa, guidando per le buie strade verso casa, mi sono reso conto di avere in mezzo alla strada un quadrupede... mi ha ricordato un topo, ma era veramente delle dimensioni di un cane di taglia medio-piccola. E veramente brutto, peraltro. Brusca frenata, ma non troppo, quanto basta per dare il tempo all'essere di levarsi. Il quale vede i fari, probabilmente vede anche la morte, la fissa... affascinato? atterrito? Sicuramente smarrito. I suoi occhi riflettono i miei fari e il suo terrore. Intensifico la frenata, l'automobile si ferma probabilmente a meno di un metro dalla vittima. Lo vedo a mala pena oltre il cofano: ancora lì, di pietra, forse solo per il tempo di realizzare che può ancora allontanarsi dalla luce in fondo all'oscurità che lo ammaliava. Si riprende, corre oltre il bordo della strada, più sicuro nella semi-oscurità e si volta per cercare di vedere la morte da un'altra prospettiva. La luce residua dei fari ancora si riflette in due deboli fiaccole che infine si allontanano e mi lasciano scosso.

L'istinto ha fallito. O era forse il coraggioso tentativo di sconfiggere la morte, di costringerla a tornare sui suoi passi? E il suo ultimo voltarsi a ribadire che non sta fuggendo, che è lui il vincitore?

Non so come mi sentirei se l'avessi ucciso, e ne sono veramente felice.

sabato 23 agosto 2008

Bard galore!

Ho appena scoperto che la nostra biblioteca ha completa o quasi la collezione delle opere teatrali di Shakespeare prodotte dalla BBC su DVD.

Ci si rivede tra 37 DVD...

venerdì 22 agosto 2008

Flusso di emozioni

Ho sempre creduto che ogni città fosse fondamentalmente una somma incoerente di persone. Eppure ci sono caratteristiche che non riesco a spiegarmi se non come reazioni collettive.

Ieri sera sono capitato a caso nel centro di Chicago (o meglio, avrei dovuto incontrare delle persone ma non sono riuscito a contattarle...) e nel cercare un buon motivo per essere lì mi sono imbattuto in un concerto al Jay Pritzker Pavilion nel Millenium Park. Il quale è una sala da concerto con palco coperto e posti all'aperto, diversi spalti di sedie davanti e un lungo prato a seguire, con diffusori che ripetono la musica man mano che ci si allontana dal palco. In esso, un'orchestra suona musica classica gratuitamente, un'ottima introduzione alla loro stagione che gratuita non sarà.

Ciò che mi ha sorpreso è da un lato la partecipazione massiccia dei cittadini, stesi su asciugamani o direttamente sul prato con tutta la famiglia ad ascoltare, dall'altro il fatto che questo si ripete con musica classica, jazz o danza o altro, quasi ogni sera d'estate. Senza contare che la prossima settimana ci sarà il Jazz Festival, gratuito, con artisti di ogni fama, dagli sconosciuti ai mostri sacri, sparsi per lo stesso parco.

Invocare una vocazione della città alla musica è vacuo, ma non ho mai percepito in nessun altro luogo una reazione così profonda, pervasiva alla musica da sembrare innata.

domenica 10 agosto 2008

Toro seduto a parlare al cellulare

E chi ha voglia di alzarsi, quando si è in un letto vero? Eppure questa è l'ultima giornata intera qui a Yellowstone, quindi bisogna.
Ma, prima di rientrare nel parco, andiamo ad una specie di mercato ai margini di West Yellowstone, allestito in un polveroso spiazzo con una serie di tende indiane disposte in un ampio circolo. In esposizione ed in vendita sono prodotti di artigianato, da borse di pelle a collanine ad armi d'ossa a cappelli e strumenti musicali, a pelli e ad ossa di animali. Il dubbio mi permea, a volte propendo per trappola per turisti, altre per uno spirito indigeno. Sicuramente gli uomini e le donne nelle tende sembrano avere antenati indigeni.
Osservando le ossa di animali, i trofei e le pelli mi rendo conto di quanto mi sono allontanato dalla vita animale. Sono riuscito a rimuovere la connessione tra la fetta di carne che compro al supermercato e un toro che pascola. Osservando questa gente, mi rivolta la loro attivit&agarve; eppure so che c'è chi la fa per me al posto mio.
E poi si ritorna nel parco: c'è ironia, se si vuole vederla.

Giornata dedicata all'Upper Basin, dove regnano le pozze d'acqua calda. Le fotografie falliscono a descrivere i colori delle rocce e delle acque, le parole non ci provano nemmeno. Il pranzo, comprato questa volta in un supermercato, è consumato in compagnia di un elk femmina e suo figlio. Mentre anche loro pranzano, tranquilli e mantenendo una certa distanza, tiriamo le somme sulle differenze tra cervi, elk e deer, senza veramente venirne a capo e senza che quelli in questione ci vengano in aiuto.

Salendo su una collina che la gran massa di turisti evita (il motivo stante principalmente nel «salendo») ma che è comunque sufficientemente frequentata, arriviamo alla vista per eccellenza della chromatic pool per eccellenza, ultra-fotografata anche da noi.

La Chromatic Pool vista dal basso

Questa è una vista un po' diversa... dal basso.

La stanchezza si fa sentire, ci rifugiamo in uno dei centri-museo dove spiegano il ruolo e gli aspetti degli incendi nel parco (e scopro che i pini non sono per nulla impreparati all'evento, avendo sia pigne normali i cui semi morrebbero con il fuoco, sia pigne ad apertura ritardata che resistono al fuoco per aprirsi l'anno dopo). C'è anche un pannello che illustra le differenze tra lupo e coyote; quella che abbiamo imparato noi è che se lo vedi, è un coyote. Se no, è un lupo, ma potrebbe essere anche un alce.

L'estremo nostro tentativo di rimanere nel parco si esaurisce nella fallita ricerca di un punto nell'altopiano centrale dove avrebbe dovuto esserci un'installazione sul tema degli incendi. Invece la strada si rivela un solco ininterrotto attraverso una distesa di vegetazione troppo alta per vedervi oltre e troppo fitta per addentrarvisi.

Mentre ci dirigiamo all'albergo, la luce fioca del tramonto ci ricorda che non entreremo più nel parco.

sabato 9 agosto 2008

Acqua calda (anche in stanza)

Smantelliamo ed asciughiamo professionali la tenda, e siamo pronti per andare!

Oggi è giornata dedicata ai geyser, che io continuo a pronunciare come Geiger alla tedesca rendendomi ridicolo alle folle.

Ad ovest del lago Yellowstone, il Firehole River passa attraverso un florilegio di geyser, pozze di fango (plop, plop... come il calderone di Baba Yaga) e specchi d'acqua calda.
È anche la zona del «lower basin» sede del più famoso geyser al mondo, la cui puntualità nella periodica eruzione gli è valsa il nome di Old Faithful. La sua fama, pompata dalla pubblicità, fa sì che in un sabato pomeriggio di sole vi siano ad assistere, attorno ad esso, migliaia di persone: non esattamente un'esperienza intima.

Una delle tre bocche del «Grotto Geyser».

Più personale è invece quella con quei geyser che, pur non lesinando spruzzi, non amano farsi annunciare. Ci è capitato così di vederne un paio iniziare un'eruzione mentre passavamo loro accanto. Abbiamo provato a “passare accanto” allo stesso modo al geyser più alto dell'universo, Steamboat, che erutta ogni qualche anno e il cui spruzzo durante l'equinozio rischierebbe di estinguere il sole, ma ci ha solo degnato di pochi spruzzi di un metro o due, giusto per deriderci.

«Emerald pool», in effetti una delle sette «emerald pools» che abbiamo visto.

In compenso, sempre presenti sono le pozze di acqua calda. La loro acqua è spesso limpida, anche se talvolta fumante; con il tempo l'acqua sgorgante dalla terra ha eroso la roccia formando appunto pozze che sono spesso profonde (metri) e abbastanza larghe. Dove c'è calore la vita pullula, e così a seconda della profondità e della temperatura, diversi batteri vivono dell'acqua donandole diversi colori. Il risultato sono pozze che solitamente ai bordi vedono tonalità di marrone e arancione vivo, a volte rosso, sfumare nel giallo e poi nel verde smeraldo con la profondità. Altre sono trasparenti, forse troppo calde o troppo vivaci perché i batteri vi sedimentino, altre ancora sono prevalentemente celesti. E molto spesso puzzano.

L'ultima tappa del mio dormire (i miei amici invece ne avranno ancora una lunga serie) è a West Yellowstone, un paese chiaramente basato sul turismo, piuttosto pieno di alberghi. Non che questo basti: l'unico che abbiamo trovato noi, il Gray Wolf Inn, è costosissimo! In effetti abbiamo scoperto la nostra stanza essere un appartamento al completo, più bello di casa mia; questo ci ha spiegato a posteriori la faccia della donna alla portineria quando le ho chiesto se c'era una doccia: da quella domanda in poi, ha continuato a ridere e ridacchiare (ci devo aver perso una cinquantina di punti). Comunque nulla sarebbe troppo lussuoso dopo aver dormito in tenda.

venerdì 8 agosto 2008

Siamo di nuovo fermi. Stupidi bufali!

In Yellowstone l'appaltatore del servizio di alloggio si è allargato al punto che domina anche quello del vitto. Così anche se nel campeggio del Bridge Bay (sempre dai medesimi gestito) non viene offerto cibo, al Lake Village poco lontano si ha un «lodge» con negozio di paccottiglia e servizio ristorante e colazione. Gestito dagli stessi del Mammoth Hot Springs Hotel. E ivi è offerto lo stesso happy meal, tranne che questa volta non riusciamo a corromperli a far sostituire l'uvetta con un frutto (ieri era una mela di cera rossa).

Oggi, passeggiata verso Pelican Creek (ma non è stagione di pelicani) e un po' lungo il lago, a sfidare il cielo che ostenta temporali dalla sponda opposta.

Vista del lago Yellowstone

La passeggiata è stata piacevole, senza particolari insetti tranne un pappatacio emovoro. Il vento allieta il cammino senza lanciarti la sabbia negli occhi, c'è anche spiaggia per chi vuole rosolare, o magari vuole congelarsi nel lago.

Uno scoiattolo mangia osservato da una decina di persone.

E nel sottobosco ci sono un certo numero di roditori: topi, scoiattoli, chipmunk e marmotte. Si nota molto la politica del parco: gli alberi morti vanno lasciati dove sono; l'unica concessione all'uomo è che quelli che cadendo hanno occluso un sentiero sono segati per liberarlo.

Foresta bruciata

Una conseguenza di questa politica sono scene come questa, di tronchi di alberi carbonizzati, rosolati o «pietrificati», con intorno un pullulare di giovani pini la maggior parte dei quali, mi spiega l'(al)pinologa del nostro gruppo, morrà per mancanza di spazio. In effetti nella foto di giovani pini non se ne vedono, questo incendio deve essere stato molto recente.

Infine, abbiamo avuto la nostra prima esperienza seria con le pozze d'acqua calde. Cosa sono? buchi nel terreno con dell'acqua dentro. Vista una, viste tutte, no? No. Queste per esempio sono locate vicino al lago. Le più vicine sono in effetti dentro il lago ed alcune emergono a seconda del livello. La più famosa, chiamata «fishing cone», era usata dai pescatori che ci ficcavano dentro il pesce appena pescato e lo tiravano fuori già bollito; oggi era sommersa, però, e solo la sagoma si poteva intravedere.

Tutto umido al campeggio, niente fuoco... e niente marshmellow. Uhm, mi sa che avanzeranno...

Nessun orso, oggi.
Né lupi.
Né alci.

giovedì 7 agosto 2008

Oh, altri bufali.

Oggi, una ripassata al Wapiti Lake (dove in effetti abbiamo visto un gruppo di wapiti) e all'altopiano del monte Washburn.

E già che ci siamo, magari un'occhiata alle cascate e al Grand Canyon (che non è quel Grand Canyon, ma magari non è male lo stesso...).

Così, sotto un sole di un fastidioso inenarrabile, giungiamo ad un punto di osservazione affollato all'inverosimile. Il motivo:

Cascate allo Yellowstone Grand Canyon

Quando vidi foto di questo genere (ma fatte meglio!) uscire dalla macchina fotografica di un mio amico iniziai per la prima volta a dubitare che forse le immagini che vedevo non erano tutte rielaborate, ricolorate e ritoccate. Vedere queste cascate dal vivo mi ha definitivamente convinto che le immagini che vedevo erano rielaborate, ricolorate e ritoccate ma il lavoro che c'era dietro non era poi così arduo. Il sole che ci ustionava il capo ci faceva nel contempo gran servizio nel restituirci tutti questi colori.

Dal punto di osservazione si diparte un sentiero a prima vista impervio, ma che a parte il non essere a prova di incosciente non presenta difficoltà, al punto che persino noi decidiamo di prenderlo, happy meal alla mano. Esso si dilunga costeggiando da vicino il baratro del canyon, graziandoci con un po' di ombra ogni tanto. Alla fine, due percorsi si dipartono. Scegliamo quello verso un lago (Ribbon Lake, mi pare), che infine si rivela essere una palude inavvicinabile; non è brutta, non è malsana, ma è piena di zanzare, tafani e pappataci che ci martoriano.

Le rocce ai bordi del Grand Canyon, con veramente *tanti* colori.

In compenso, tornati al Lake Village, abbiamo potuto operare uno dei migliori investimenti di 3,25$ che esistano: una doccia calda senza limite di tempo. Ne sono uscito quando già degli SWAT pianificavano come trascinarmene fuori.

Alla sera, di nuovo in tenda, ma questa volta mi sono vestito come dovessi uscire d'inverno. Niente falò questa sera.
È piovuto.

Oggi nessun orso.
Né lupo.
Né alce.

mercoledì 6 agosto 2008

Ferma! Ferma! Ferma! Un bufalo!!!

Buttato a mare il programma di sei giorni, ci si avventura oggi nella zona a nord-est, senza scordare poi di andare a montare la tenda che ci proteggerà durante le prossime tre notti.

A colazione ci facciamo anche preparare un panino come “pranzo al sacco”; non siamo i primi ad avere quest'esigenza, e qui negli Stati Uniti quando una cosa è chiesta da più di due persone diverse diventa un affare. Ed infatti ci viene offerta, ad un prezzo ragionevole, una borsa di carta marrone con dentro il panino che abbiamo chiesto, una pinta d'acqua (in bottiglia di plastica, non in bicchiere da birra!), delle patatine “guardaci: hai già sete”, dell'uvetta passita “arsura e siccità” e i biscotti secchi della nonna “coup de grâce”. Chiudono un tovagliolo di carta, un paio di posate di plastica e gli immancabili ketchup, senape e maionese in bustina monoporzione. Niente statuetta di plastica in questo happy meal.

E poi tutto in macchina e via verso la foresta pietrificata.
Gli incendi a Yellowstone sono abbastanza frequenti, alcuni così estesi che persino i bell'immezzibusti del nostro telegiornalismo ne straparlano. Gli alberi colpiti dal fuoco muoiono, ma i loro tronchi possono rimanere eretti e rosolati solo all'esterno o carbonizzare e «pietrificare».

Una foresta pietrificata è vagamente visibile nella collina in secondo piano.

Il caldo è estremo sotto il sole di mezzogiorno. I miei amici si lasciano andare a foto artistiche; io, che non ne ho i numeri (lo dimostra la fotografia di cui sopra alla foresta pietrificata, che verrà pubblicata presto in uno speciale di «Dov'è Wally»), lascio la macchina fotografica in automobile.

Tornati sulla strada principale, attraversiamo distese di prati bagnati dal fiume Yellowstone e incrociamo mandrie di cervi (o wapiti?), bufali, stormi di oche natanti, un coyote solitario (li adoro sempre di più), umani a raffica.

Un'ultima capatina a nord ci porta finalmente all'inizio della Lamar Valley, entro la quale non ci avventuriamo per mancanza di tempo. Ci fermiamo alle prime cascate che il fiume Yellowstone crea in questa valle, e discendiamo fino al livello del fiume a valle a goderne il fluire.

Il fiume Yellowstone riprende a scorrere con brio dopo un'imponente cascata che non ho fotografato.

Il campeggio è in un posto stupendo, la zona dove siamo ci lascia a disposizione parcheggio, piazzola, focolare (si decide a prima vista una serata con falò e marshmallow) ed un tavolo, e siamo circondati dagli alberi... e da una cassetta per il cibo.
Come tutti sappiamo, gli orsi (soprattutto quelli più intelligenti della media degli orsi) apprezzano i cestini da pic-nic e più in generale il cibo incustodito; la qual cosa non è amata dai ranger che vorrebbero gli orsi autosufficienti e indipendenti dagli uomini. Così per vanificare i loro sensi particolarmente fini i turisti devono riporre il cibo che non stanno per consumare in queste casse metalliche. L'orso fiuterà lo stesso, ma oramai sa che non riesce ad aprirle e quindi manco ci prova. E per ripicca divora i campeggiatori che trova nelle vicinanze. Così l'orso è indipendente, si procaccia il cibo da solo e anche i ranger sono più sereni.
Il problema del campeggio sono i servizi. Nella fattispecie, igienici: due cessi, un orinatoio, due lavandini e zero docce per i maschi, per le femmine magari domani vado a controllare. E poi una fontana.

Invece il problema del posto in generale è che fa un freddo deciso e c'è un'umidità veramente fastidiosa. Il problema non è risolto con i sacchi a pelo nominalmente testati da 20°F in su (e ci dovrebbero essere circa 40°F), né con la presenza di quattro persone negli stessi pochi metri cubi. Ma potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere.

Nessun orso, oggi.
Né lupi.
Né alci.

martedì 5 agosto 2008

Taxi driver

La mattina mi è annunciata da un'antipatica sveglia e poi proclamata dalla prima vista sul parco. Morning glory!

Il panorama di Yellowstone dal patio dell'hotel

Il miglior modo di iniziare la giornata dopo due ore di autostrada al buio e sei scarse di sonno è ovviamente rituffarsi sull'autostrada, in senso inverso.

Il panorama è sorprendente ed estasiante, la luce rivoluziona il viaggio. Quello che era un bordo strada si rivela la riva di un fiume, il buio lascia il posto a colline e montagne e un autovelox mal nascosto pieno di lucette si rivela essere una cassetta per le lettere coperta di carta luccicante con stelline e colori patriottici.

Arrivo all'aeroporto quando già l'aereo da Denver è atterrato con il suo carico di amici. Persone cui voglio bene che da sette mesi non vedo: ci si dimentica in fretta delle 10 ore di sonno che abbiamo sulle spalle (non equamente divise tra tutti e quattro). E la loro emozione deve essere stata pure maggiore, visto che per la prima volta nella nostra vita sarei stato io a portare in giro loro e non viceversa.

Un locale via di mezzo tra un saloon ed un bar ci ha nutrito per il pranzo. Lì un indigeno ha attaccato bottone con noi che per la prima volta abbiamo assaggiato l'accento locale (non che ne avessimo bisogno: riusciamo a non capirli anche senza accenti) e ci ha mostrato uno dei coltelli che costruisce. Questo dopo che avevamo trovato pallottole calibro almeno mezzo centimetro nel parcheggio. Tempo per un hamburger alla meridionale!

Nonostante siano stanchi, non faccio fatica a convincerli ad abbandonare il letto per avventurarci nel parco, anche solo con qualcosa di vicino. Così visitiamo le hot springs e il primo dei negozi di ricordini e paccottiglia varia. La loro intenzione è chiara: sono negli Stati Uniti, ma vogliono vivere l'America.

Ciò che delle sorgenti calde colpisce per primo è l'odore sulfureo (altrimenti detto “puzza di uova marce”). Perdiamo un po' di tempo a discutere su come le rocce si siano conformate a terrazza, senza venirne a capo, poi proviamo a capire cosa ci fa un albero (seppure morto) in mezzo ad una di esse, con miglior successo (si è deciso che l'albero era nato prima che l'acqua portasse il calcare che forma la roccia della terrazza).

Mammoth Hot Springs: terrazze calcaree percorse dall'acqua di sorgente.

Si osservano gli uccelli che si abbeverano all'acqua calda e i colori delle rocce.

E poi, troppo stanchi e troppo americani, facciamo il giro che rimane da fare con l'automobile; il percorso sarebbe anche piacevole a piedi, ma questi ultimi non collaborano.

La sera, cena al ristorante e poi ci si trascina a letto. Domani sveglia alle... be', poco prima che smettano di servire la colazione. Dopo tutto, è sempre stata la nostra regola.

Temporale di sera, bel tempo si spera (tanto è gratis)

Avendo tutto il tempo del mondo prima che i miei amici arrivino a Yellowstone, riesco anch'io a perdere la mia coincidenza all'aeroporto di Denver. Infatti il tempo a Chicago è stato temporaleggiante e molti aerei sono in ritardo, tra i quali quello che mi deve portare in Colorado.

Atterrato all'aeroporto troppo tardi, apprendo che la compagnia aerea (Frontier Airlines) mi ha messo de iure nel volo successivo quattro ore dopo, a tarda notte. Non ne sono entusiasta, ma poteva andare molto peggio. Forte di questa nozione, ho il tempo di fare cena e, per tirarmi su di morale, decido di non badare a spese e mangiare il meglio possibile; il che si traduce nelle delizie di Panda Express (in Italia abitavo vicino ad una lavanderia con lo stesso nome...), che a sua volta si traduce nella realizzazione che il meglio possibile non è proprio possibile.

Arrivato a Bozeman, Montana, riesco a prendere il SUV pochi minuti prima che l'ufficio che mi serve chiuda, passo mezz'ora in un parcheggio al buio a capire come si usa e poi via, due ore di viaggio supportato dal navigatore (molto efficiente) nell'oscurità più assoluta verso l'albergo. Le stazioni radio sono in tutto due, una AM e una FM, ma Nina Simone è come sempre un'amica su cui contare e viaggiare con lei (ed ogni tanto aiutarla a cantare) è sempre meraviglioso.

Alle 2:30 mi annuncio alla reception con un «I'm here for a late check in». Stanza con un lavandino e due letti da una piazza e mezza, questa notte uno è tutto per me, ma da domani si condivide.

La desolata e calda landa dell'aeroporto di Denver.

domenica 3 agosto 2008

Chi ben comincia è a metà del viaggio (bloccato)

Domani mattina si parte per il parco di Yellowstone, Wyoming, per sei giorni più frammenti.

Amici arriveranno stasera dall'Italia. È tutto preparato, pianificato e previsto, più o meno come lo era il viaggio dei miei primi messaggi su questo web log. Arrivano stasera, li vado a prendere giusto dopo il mio turno di lavoro (e salterò per questo l'ultima sessione di Dungeons & Dragons, la prossima essendo a metà Settembre), ceniamo, dormiamo e domani mattina si prendono i due aerei per Bozeman, poi si prende la macchina in affitto e si raggiunge l'hotel a Mammoth Hot Springs, si fa un breve giro nei dintorni e infine si dorme. Fico.

Tranne che i miei amici mi comunicano con un mesto messaggio («Purtroppo non è uno scherzo») che hanno perso la coincidenza a Londra. Se la spasseranno al costosissimo Hilton Hotel in attesa del volo 24 ore dopo e faranno gran uso degli accessori da bagno ivi forniti (shampoo e simili).

Così abbiamo ridefinito, attraverso un'improbabile comunicazione dove loro non possono usare Internet e io il telefono, un nuovo piano che mi vede avanguardia in Montana con loro la cavalleria di supporto il giorno dopo.

Ora l'importante è che siano forti e di buon umore, perché la mestizia può compromettere la vacanza in maniera molto più fatale che un contrattempo. I muffin londinesi dovrebbero aiutare all'uopo.

Pare che dopo tutto potrò partecipare all'ultima sessione di D&D...

Il lago Yellowstone, al centro del parco. Pende.