giovedì 31 gennaio 2008

Per mantenere la media

Menu della sera: riso con pomodoro

Risultato: devo fare meglio, la prossima volta
Per mantenere la media: mentre stavo togliendo la pentola dal fornello, m'è sovvenuto che di sale non ne avevo messo del tutto.

Tempo di preparazione: 40 minuti

Ingredienti: riso, pomodori freschi, un tocco di peperone; il sale non è richiesto.

martedì 29 gennaio 2008

Sorprese

In questi giorni ciò che più mi manca è qualcuno con cui sorprendermi. Mi piacerebbe incrociare la sorpresa e le impressioni che porta il veder volare la neve radente l'asfalto come fosse sabbia al vento. Oppure i placidi salici con le radici affondate nel ghiaccio del Fox River in un'atmosfera grigia e vagamente nebbiosa. Oggi mentre andavo a lavoro hanno attraversato la strada davanti alla mia macchina, a distanza, cinque coyote. Con nessuno a cui dirlo. Arrivato, non l'ho detto a nessuno perché mi avrebbero risposto «Già, capita un po' a tutti».

Oggi ho deciso per un'ispezione del frigorifero e, dopo una settimana, ho realizzato che se metto la mano nel frigorifero e sento caldo non è normale. Un più attento esame ha rivelato che le rotelle all'interno di esso erano due e non era quella del congelatore che avevo azzerato. Ne ho poi parlato a lungo con lo yogurt, che mi ha suggerito che potrebbe essere per quello che sia il mais sia i fagioli in scatola sono diventati intrattabili e persino acidi.

Menu della sera: minestra di patate

Risultato: posso fare meglio, la prossima volta
Ho ecceduto, era troppo salatasaporita.

Tempo di preparazione: 40 minuti

Ingredienti: pasta piccola (“elbows”), due patate rosse, un poco di peperone, un troppo di sale.

Il meglio: mangiarla in una scodella da dessert, in due tappe, perché in questa cucina ci sono due piatti piani e nessuno fondo.

lunedì 28 gennaio 2008

Sweet home, Naperville

Avrebbero dovuto essere tutti non disponibili tranne un paio... allora sí che sarebbe stato facile decidere. Invece tutti gli appartamenti che ho visitato sono tutti liberi, tranne uno che era quello che avrei preferito. Be', non sono sicuro manco di questo. Ok, proviamo con la soluzione scientifica: elaboriamo in maniera imparziale tramite il computer.

echo $((RANDOM % 7))

Bene, so dove andare.

L'altro ieri ho visitato due appartamenti (un terzo era chiuso), ieri altri millecinque.

Ho ridotto la scelta ad un dilemma (echo $((RANDOM % 2))); una delle arpie con cui ho parlato mi ha suggerito: «talk to your pillow», ma la notte non mi ha portato un gran consiglio; il mio amico italiano neppure, ma mi ha incoraggiato a prendere una decisione. Così avrò un nuovo appartamento, a soli 25 minuti in automobile da dove lavoro. Non ne vado pazzo, un altro mi piaceva di più ma aveva la cucina elettrica e non a gas ed io voglio pagare anche il gas, e che cavolo. Quindi, le premesse per il rimorso ci sono tutte e si concretizzeranno al primo problema.

Pianta dell'appartamento

Nel frattempo, al posto dell'usuale euforia di quando compro un giocattolo nuovo vi è il sollievo per un'altra decisione che non è più da prendere.

giovedì 24 gennaio 2008

So, what's up?

E che significa questo?

Naturalmente negli ultimi due mesi il mio trasferimento verso Chicago è stato il mio pensiero costante, ora fisso ora latente. Mi sono distratto con la burocrazia, con le persone (ho passato più ore in compagnia in un mese che negli undici precedenti), con l'ostentata noncuranza, ma ne ho sempre sentito la presenza.

Sono sempre stato certo che sarebbe stata mesta, la solitudine del FermiLab. Tra le possibilità, ho considerato anche quella di un blog. Ho iniziato a scrivere del testo, non pubblicato fino ad oggi, per vedere come mi ci trovavo.

Ieri finalmente ho deciso quale servizio utilizzare, ho aggirato le difficoltà derivanti dall'uso di un browser in beta a 64 bit sotto Linux e non open-source, ho cercato un nome e ho trascritto tutto il passato.

Quindi, in conclusione ma in principio, sono arrivato a Chicago, abito a Naperville ma sto cercando casa e finalmente d'ora in poi se vorrò scrivere qualcosa potrò farlo in diretta.

A proposito: ARRR!!!

My pirate name is:
Dirty James Kidd
You're the pirate everyone else wants to throw in the ocean -- not to get rid of you, you understand; just to get rid of the smell. Even though you're not always the traditional swaggering gallant, your steadiness and planning make you a fine, reliable pirate. Arr!
Scopri il tuo nome piratesco su piratequiz.com ... e poi ricoprilo subito!!!
part of the fidius.org network

domenica 20 gennaio 2008

Spesa

Il languore di mezzogiorno si è trasformato in fame da lupo sotto questa luce al neon del Meijer.

Tre ore e mezza per fare la spesa... migliorerò. E in fondo ho comprato anche roba per stasera...

Gelo

Siamo scesi sotto zero. Evviva.

C'è anche un po' di vento; senza, il freddo se ne starebbe intorno a te; con il vento, invece, il freddo ti trapassa i vestiti e bussa alla tua pelle. Evviva.

A Chicago c'erano mendicanti per strada. Io ero per strada per arrivare ad un locale e sentire un po' di musica.

Non ha senso lamentarsi del freddo quando si ha un letto caldo.

martedì 15 gennaio 2008

Il vuoto preventivo

Questa notte, nei miei pensieri, si è insinuata la nostalgia. Non posso immaginare in che modo, ma la partenza secca di una persona che ha passivamente determinato metà della tua vita deve essere sconvolgente. Immagino i miei genitori seduti a tavola a cena, il posto vuoto di fronte a loro, sapendo che non domani verrà riempito, né il giorno dopo, né quello dopo ancora, ogni pasto di ogni giorno.

E non sono ancora partito: iniziamo bene.

mercoledì 2 gennaio 2008

Verso la partenza

Avendo un po' di tempo prima di ripartire, mi sono seduto sul molo ad assaggiare la bora, a contemplare la superficie increspata dell'acqua e l'orizzonte. Di nuovo osservavo il gianduiotto, o, secondo Claudia, il panettone. Un tempio mariano della Chiesa Romana che si staglia sul profilo delle colline e, ella mi spiegava, appare a sagoma di “M” se visto dall'Istria che fu jugoslava. Doveva ricordare agli italiani al di là del confine la libertà; ora dovrebbe ricordare a quelli al di qua quanto essa sia prostituta e millantatrice.

In un attimo sono a Mestre, dove un uomo diretto a Milano in attesa del mio stesso treno dà in escandescenza al telefono: sul binario dove al solito c'è il nostro, ora ce n'è un altro, sempre per Milano, ma il capotreno, contagiato dal nervosismo del primo, afferma lapidario che ce ne sarà un altro dopo. Così il passeggero sbraita ancora di più al cellulare, e si perde l'annuncio che il nostro treno passa sul binario dall'altro lato della passerella su cui siamo.
Molto metaforico.
Decido che il suo atteggiamento mi è fortemente antipatico e non gli dico nulla. Molto metaforico anche questo, del fatto questa volta che io sono un po' stronzo. Certo non brillo per sentimento cristiano.

Terzo pranzo saltato di fila. In compenso nutro la fiducia che non soccomberò per tale mancanza.

martedì 1 gennaio 2008

Troppo tardi...

Oggi è giornata senza scopo. Trieste vista, Claudia incontrata, che rimane? Giro a zonzo per una città addormentata o assente. Mi sono messo in testa di fare spesa folle per andare in un ristorante serio a mangiare pesce. Avevo puntato già ieri un ristorante in particolare, anche se non ero proprio deciso. Ieri a pranzo mi dissero che era tutto pieno, ieri a cena peggio ancora, prenotati completamente dalle 8 in poi; oggi a pranzo arrivo tardi (tutto pieno, comunque stavano per chiudere) e chiedo di prenotare per la serata. Mi risponde che è dispiaciuto ma questa sera finalmente saranno chiusi, dopo tre settimane di apertura ininterrotta. Sarà dispiaciuto per me, forse, certo non per il meritato riposo. Poco dopo uscito, mentre ancora oscilla davanti ai miei occhi il fantasma degli spaghetti al nero di seppia serviti a chi era seduto e il loro profumo, alle mie spalle esce un cliente del ristorante, che grida al cellulare quanto avesse mangiato “da Dio” là dentro, che credeva avrebbe speso tanto e invece no, che era un ristorante consigliato dalla guida Michelin, e va avanti così per cinque minuti buoni. La carogna monta a livelli insopportabili e accelero il passo, resistendo a mala pena alla tentazione di girarmi e dirgli qualcosa, giusto per sfogare su una persona abbastanza innocente, solo un po' incontinente, la mia frustrazione.

Il percorso è deciso: mi dirigo per una lunga via anonima (metaforicamente, ché si chiama via Rossetti) fino alla via delle Sette Fontane, che chissà quanto saranno belle. Al suo inizio trovo ad accogliermi l'esoscheletro di cemento del centro fiere, che mi ricorda la natura del consumismo. Percorsa per intero la via, ho notato per terra, sopra un manto di petardi esplosi, numerosi (forse sette?) resti rosa di quelle specie di fuochi che producono solo scintille in tutte le direzioni, che se non erro sono chiamati appunto fontane. Non posso dire di essere soddisfatto: ancora una volta sono arrivato in ritardo.

Decido che una visita a Basovizza può essere interessante. Riesco a raggiungere l'autobus 39 dopo tre interviste ad altrettanti autisti, tutti molto preparati: in fondo, la città non è grandissima.
L'andata mi regala scorci di Trieste al tramonto, il ritorno scorci di Trieste illuminata. Nel mentre, raggiungo la foiba attraverso una strada senza marciapiede e non illuminata. Il vento e poche altre persone rumoreggiano piano. Non so cosa aspettarmi, spero in qualche spiegazione che forse è dentro un edificio già chiuso quando arrivo. La foiba stessa è probabilmente chiusa da un enorme blocco metallico, probabile speranza se non di chiudere il discorso per lo meno di impedire il ripetersi. Il battere di un moschettone metallico su un portabandiera scandisce il ritmo del ricordo.
L'empatia è ciò che distingue gli umani dagli androidi di un famoso romanzo di Dick. È la capacità di compartecipare ai sentimenti di un altro. Mi sono chiesto cosa possa trasformare un uomo a tal punto da interrompere questo processo, da trasformarlo in un “androide” che può ordinare o eseguire la condanna di un uomo ad essere gettato vivo in un buco, moltiplicata per centinaia di uomini. Un ideale astratto? L'abitudine? L'incoscienza? Ora spero di non scoprirlo mai. Ma, come chiede la strega Ravel, «Che cosa può cambiare la natura di un uomo?».

Verso le sei, di nuovo in città, è l'ora di frustrare il mio bisogno di assumere una cioccolata calda seduto a leggere oziosamente un giornale. La maggior parte dei caffé e bar, escluso quello in piazza dell'Unità, sono chiusi. Riesco ad entrare in un bar sovraffollato, a inerpicarmi su di uno sgabello al bancone e ad ordinare la mia cioccolata calda. Che però è finita. Potrei anche identificare tra gli astanti chi me l'ha rubata, ma non avrebbe scopo e quindi mi rassegno ad un té caldo mediocre (“Dulcinea”: croce sopra). Sono arrivato, guarda un po', troppo tardi.

Finirò in un ristorante con poca scelta e prezzi troppo alti per quello che offre, “la Piazzetta”, dopo averne trovati “pieni” un paio d'altri. La qualità di quel poco non lascia comunque a desiderare e il servizio è cortese.