venerdì 28 dicembre 2007

Arrivo a Ferrara

Inizia il viaggio che tanto ho pianificato. Prima tappa: Ferrara.

Ho segnato tutti gli indirizzi, i numeri telefonici di parenti, bed&breakfast, fiorai, gli orari di qualsiasi treno mi possa venir voglia o necessità di usare e chissà cos'altro.
Ho tutte le prenotazioni per gli alloggi fissate, tutti i biglietti in mano.
Ho scelto, per avere tutto sotto controllo, di ritardare un po' anche nell'avvisare i parenti che sto per andare a visitare. Durante il viaggio li avviserò. Ho tutto nella mia testa, nelle mie mani.
Parto: pullman, treno. Tutto benissimo. Ho pensato a tutto, sono il manager di me stesso e mi chiederò un aumento.
Alle 12, io in treno tra Bologna e Ferrara, mi arriva la telefonata di mia madre: "Cos'è successo? come mai non sei ancora arrivato? La nonna è molto preoccupata...".
Io non ho detto alla nonna di preoccuparsi. Io non le ho ancora neppure detto di occuparsi: ci ho provato ma non era in casa. Io non ho detto a nessuno che sarei arrivato alle 12, se non altro perché il treno arriva alle 12:30 più eventuali ritardi.
E inutile opporsi al crescere dell'entropia.

La nonna è contentissima e fortunatamente è uno dei giorni in cui sta meglio di tutti già di suo. È sempre bassa e spiritosa, anche se un po' più preoccupata del solito per far quadrare i conti, e si avvicina con i suoi passi ridotti a compiere 91 anni. La sua mortificazione maggiore è il non potermi fare un regalo di Natale; oramai ho rinunciato a provare a ragionarci a riguardo.

Ho visto anche con piacere gli zii di Ferrara e ho conosciuto il loro gatto Bel. In questi mesi ogni donna di questo ramo della famiglia sembra attirarsi infortuni, ma mi è parso di trovare la zia molto bene.


Il bed&breakfast “Titti” è al numero 107 di via dei Frutteti. Dalla stazione, ci si mette forse mezz'ora a piedi e molto meno con l'autobus giusto (l'1, mi pare). La casa è indipendente, ha un piccolo cortile attorno ed è recintata da un cancello metallico. Una piccola anticamera all'esterno è protetta dall'esterno da una piccola veranda, che accoglie un alberello addobbato a festa, una luce sempre accesa e chi vuole cercare le chiavi per entrare senza congelare nel frattempo. Mi accoglie la “mamma ospite”, signora ferrarese gentilissima malgrado non l'avessi avvisata che sarei arrivato un po' dopo quanto stabilito. Mi conduce su per le scale dell'entrata, mi mostra la stanza per una persona e il bagno.
La stanza è veramente piccola: forse meno di 6 metri quadri accolgono un letto, un guardaroba e un mobiletto a scaffali. Al fondo, una porta-finestra dà sulla strada. Alcuni dettagli rendono la stanza più accogliente: su alcuni scaffali si trovano alcune fotografie, un certo numero di libri di qualsiasi tipo (dalle raccolte di fumetti uscite tempo fa in edicola a saggistica passando per i tomi dei grandi pescatori americani tipo W. Smith), alcune videocassette. Niente TV, ma c'è quella in salotto. C'è uno specchio, una sedia, l'attaccapanni a muro per giacche e cappotti. Le uniche cose che ho trovato mancare sono un orologio/sveglia, una lampada (c'è solo la luce dal soffitto, il cui interruttore è nondimento accessibile stando a letto) e un cestino dei rifiuti. Ci sono le lenzuola (felpate, più coperta e un piumone pesantissimo dall'interno sintetico un po' rumoroso), il copricuscino (tutto pulito), mi sono forniti dei morbidi asciugamani e tre chiavi.
Due chiavi aprono il cancelletto e la porta di casa (ma la signora si dimentica di dirmi una particolarità del suo funzionamento e rischierà di essere svegliata la notte perché non riuscivo ad entrare...). La chiave della stanza è nella toppa, volendo la si può prendere ma «comunque io non entro nella tua stanza». La terza è per un lucchetto.
La particolarità di Ferrara è che il centro dentro le mura (anzi, la mura, o “Monte Agnone”) si gira molto meglio in bicicletta che in auto - o a piedi. E vengo dotato di una bicicletta da città monorapporto (stile “graziella”) un po' rumorosa e dotata di fanale con dinamo, più catena e lucchetto di cui sopra: in un attimo, la città è a mia disposizione. L'uso della bicicletta è gratuito o, per i più maliziosi, già compreso nel prezzo.
Il prezzo? il foglio appeso in stanza recita 35 euro a notte, ma mi viene detto che sarà 30 (forse questione di stagione? non ho indagato oltre).
Poi la signora torna in cucina: deve fare la sfoglia per cappelletti e cappellacci.
Il bagno, nonostante io credo venga usato anche da loro, è privo di qualsiasi asciugamano; c'è posto per mettere il proprio. Il bagno è molto più grande della mia stanza, dotato di doccia (niente vasca), luminoso e tenuto impeccabilmente.
Il piano terra, aperto agli ospiti, mette loro a disposizione un televisore e probabilmente, se lo si chiede, anche un PC con stampante e collegamento ad Internet.
Il primo mattino mi sono svegliato dopo la signora, che mi aveva detto sarebbe andata a lavorare presto - rispetto ai miei canoni! - mi ha preparato a richiesta del tè (porzione per tre! con abbondante limone come pare essere costume del luogo), misteriosamente rimasto caldo. A disposizione in un cesto, fette biscottate in una confezione chiusa e una quantità smodata di vaschette monoporzione di burro, marmellate e soprattutto miele, che però dovevano essere lì da un po' troppo tempo, visto che molte avevano avuto il tempo di perdere miele rendendo la cosa un po' appiccicosa. Sotto una campana di plastica, una torta fatta in casa, un pezzo di pampepato e uno di panettone, un po' seccato ma perfetto da inzuppare.
E i miei ospiti? Nonostante io sia normalmente abbastanza chiuso, al mio rientro alla seconda ed ultima sera sono riusciti a convincermi a fare un po' di chiacchiere, così che ho conosciuto anche il “papà ospite” e Spina, una gatta pezzata bianca e nera che probabilmente si prostituisce alle coccole di chiunque. Essi si sono rivelati espansivi e molto ben disposti a parlare.
In tale occasione, il papà mi ha proibito di andare in stazione a piedi il mattino dopo (era domenica): sono stato accompagnato alle 8 di mattina con un mitico furgone Volkswagen multi-colorato con davanti il logo “VECIO” anagrammato da quello originale “IVECO”. Sono soddisfazioni.


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